Il prossimo anno, infatti, porta due scadenze non banali. La prima è la presentazione del nuovo piano industriale di Mediobanca, che vedrà interessati i due grandi azionisti dell’istituto – Delfin della famiglia Del Vecchio con poco meno del 20% e Caltagirone con il 5,6%. La seconda scadenza è per l’appunto il rinnovo del cda, in concomitanza con l’assemblea che ad ottobre dovrà approvare il bilancio 2022/2023.
Proprio in quell’occasione bisognerà far fronte a due diverse esigenze: quella del management dell’istituto, guidato da Nagel, che punta sempre più a una Mediobanca modello “public company”, e quella dei grandi soci oggi fuori dal cda: comprensibile che chi abbia investito miliardi in piazzetta Cuccia e nella sua partecipata Generali (ne controlla il 12,7%, la maggior partecipazione singola) consideri dovuto anche un ruolo nella governance che si traduca appunto anche in posti in consiglio. E ipotizzabile anche che per i due grandi soci con posizioni sia in Mediobanca sia in Generali, l’ingresso nella stanza dei bottoni della prima sia un modo per entrare nella sala macchine della seconda, nonstante formalmente – e specie con il più recente consiglio – il Leone sia più slegato che mai dai suoi grandi azionisti, compresa la stessa Mediobanca.
Gli scenari che si aprono sono quindi diversi: si va dalla possibilità di un dialogo tra il management di piazzetta Cuccia e i grandi azionisti per una lista che possa dare soddisfazione a tutti a ipotesi decisamente più belliciste: ad esempio quella che Caltagirone e Del Vecchio possano muovere in modo più deciso sul capitale di Mediobanca, addirittura lanciando un’Opa o facendola lanciare a un altro soggetto bancario per poi conferire le proprie azioni.
I temi sul tavolo di Nagel sono quindi diversi e numerosi, ed è rpobsbile che abbia già iniziato a parlare sia con Francesco Milleri, presidente di Delfin, sia con Caltagirone. E mentre Philippe Donnet, Ceo riconfermato a Trieste, vede davanti a sé quasi tre anni di navigazione non troppo agitata sul fronte della governance, il fortunale potrebbe scatenarsi appunto in Mediobanca proprio con l’obiettivo di portarla a cedere la sua partecipazione nelle Generali e avere poi mano più libera sulla compagnia, magari riprovando ad aggregare una compagine di imprenditori italiani. Un progetto che però già una volta si è scontrato con il voto negativo dei fondi, che alla fine a Trieste e in Mediobanca sono i primi veri grandi azionisti.