Nei primi undici mesi del 2022, le entrate erariali sono aumentate di oltre 44 miliardi, il 10,1% in più rispetto allo stesso periodo del 2021. Come riporta Affari&Finanza, se nel 2022 verrà confermata la crescita del 3,9%, è presumibile che il rapporto tra debito e Prodotto interno lordo (Pil) scenda sotto il 145%, dieci punti in meno in due anni.
Alla fine del primo trimestre si esauriranno gli aiuti a famiglie e imprese, che hanno rappresentato i due terzi della legge di Bilancio. Un altro interrogativo riguarda l’implementazione del Pnrr, cui sono legate le rate di sussidi e prestiti che condizionano le strategie del Tesoro. Inoltre, i rialzi dei tassi già attuati e annunciati da parte della Bce hanno reso i collocamenti più cari. Dopo il ritocco di marzo, infatti, non è detto che la Banca Centrale Europea si fermerà. Il differenziale nei rendimenti tra i titoli pubblici italiani e quelli tedeschi è comunque diminuito, e questo suggerisce di affrettare, con nuove emissioni, soprattutto di Btp, le vendite di titoli pubblici.
La premier Meloni ha dichiarato di voler ridurre la dipendenza dai creditori stranieri, aumentando il numero di italiani e residenti in Italia che detengono quote del nostro debito pubblico, nonostante il nostro Paese sia già tra quelli che hanno la quota domestica più rilevante del proprio debito.
Una nazionalizzazione del debito, in stile giapponese, rappresenta una sorta di scudo ad eventuali futuri choc, ma alla fine gli investitori si comportano tutti bene o male nello stesso modo, italiani o stranieri che siano. Né si può immaginare che banche e assicurazioni, che detengono una quota sipnificativa dell’esposizione debitoria dell’Italia, non nutrano in prospettiva maggiori preoccupazioni sull’atteggiamento dei propri azionisti e clienti sia italiani che esteri.