Stop retrocessioni: cari consulenti non abbiate paura, la parcella non abbasserebbe i vostri ricavi
Beh, sul fatto che un ter del 4% non possa rappresentare un valore aggiunto, credo che chiunque sia d’accordo. Se la strategia di gestione del rischio che persegue il cliente ha un obiettivo del 5% di volatilità, costi di quella portata non sono tollerabili.
Non vorrei che fosse anche per questo che l’industria invita spesso il povero risparmiatore a rimanere sempre investito e a pensare al lunghissimo termine, non badando alla volatilità e dimenticandosi cosa dicesse il buon Keynes a proposito.
Mi sono iscritto all’albo dei promotori nel lontano 94, ho lavorato per 16 anni in una delle reti più importanti, nel 2016 abbiamo creato un intermediario che veicola solo consulenza su base indipendente e mi sento di poter affermare che la consulenza a parcella non abbassa i ricavi per i consulenti. Ritengo che nel modello tradizionale il consulente prenda in retrocessioni non più del 15-20% di ciò che il cliente paga realmente (vi invito a dare un’occhiata all’EMT dei fondi per capire quanto realmente costino oppure agli stessi bilanci). Del resto la rete deve mantenere tutta la filiera. Credo che oggi sia possibile applicare una commissione/parcella al cliente che sia sostenibile per lui e remunerativa per il consulente, che permetta di raggiungere gli obiettivi finanziari del cliente senza massacrare i rendimenti. I costi eccessivi, nel lungo periodo, creano un gap enorme tra rendimento effettivo del cliente e rendimento dei mercati finanziari (confrontate l’indice Fideuram azionari America con l’indice S&P 500 ed un qualunque etf: stesso drawdown ma un rendimento composto neanche lontanamente confrontabile).
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