Criptovalute, scoppia il caso Silvergate

Un altro scandalo nel mondo delle criptovalute. L’ultimo in ordine cronologico riguarda Silvergate, banca californiana specializzata nell’offrire servizi finanziari a società digitali e cripto-aziende.

Come riporta Il Sole 24 Ore, il titolo quotato al Nasdaq è sprofondato sui livelli del 2019, crollando del 52% e portando il passivo da inizio anno al 65%, oltre alla capitalizzazione sotto il mezzo miliardo di dollari.

La società ha dichiarato che non riuscirà a presentare alla Sec – l’autorità di regolamentazione dei mercati finanziari statunitensi – il report annuale, esprimendo anche timori sulla possibilità di continuare ad operare.

I conti ballano e la cripto-banca ha comprato tempo prima di esibirli. Il 17 gennaio Silvergate aveva comunicato risultati finanziari preliminari, non certificati, per il 2022 che evidenziavano una perdita di 948,7 milioni di dollari a fronte di un utile netto di 75,5 milioni nel 2o21.

A quanto pare per fare cassa la società avrebbe venduto degli asset in forte perdita, ma questo potrebbe comunque non bastare a sistemare la situazione. Analizzando i dati si evince come nel novembre del 2021 una azione Silvergate valesse 240 dollari. Nella primavera del 2022, quando il settore ha iniziato ad essere travolto da crack a cascata, le azioni si erano già quasi dimezzate in area 130 dollari. A inizio novembre, quando l’industria è stata scossa dal fallimento a sorpresa i Ftx, quella stessa azione valeva 63 dollari, per poi chiudere l’anno a 11 dollari.

Diversi operatori del settore, come Coinbase, Circle e Paxos e il fondo hedge Galaxy Digital hanno comunicato di avere una minima esposizione nella cripto-banca ma di aver sospeso depositi e prelievi verso Silvergate. Nel dubbio il mercato ha venduto anche le azioni di Coinbase (-6%) in una seduta in cui il prezzo di bitcoin ha tenuto botta sopra i 23mila dollari.

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