Consulenti, ecco qual è il vostro poker vincente

Alla vigilia della decima edizione di ConsulenTia prevista a Roma a metà di marzo di quest’anno, il “Rapporto 2022 sulle scelte d’investimento delle famiglie italiane” della Consob presentato a fine dello scorso gennaio offre un quadro di molte luci e di qualche ombra per l’industria della consulenza. A fronte di una percezione degli oneri della consulenza poco diffusa, gli investitori prestano scarsa attenzione ai costi sia al momento della scelta del consulente (quando rilevano solo per il 4% degli intervistati del Rapporto assistiti da un professionista), sia ai fini della valutazione della prestazione ottenuta (quando rilevano in media solo per l’8%). I principali drivers dell’affidamento a uno specifico consulente sono la chiarezza (17% dei casi), l’attenzione alle esigenze del cliente (16%), l’affidabilità (15%). Questi fattori sono anche tra i primi elementi di soddisfazione nell’ambito della relazione con il professionista, subito dopo le competenze/le certificazioni (indicate in media dal 36% del sotto-campione e che nella fase della scelta sono citate solo nell’11% dei casi). Competenze, chiarezza, affidabilità e attenzione ai bisogni del cliente sono tanto più apprezzate quanto più la relazione investitore-consulente si consolida nel tempo.

A quest’ultimo proposito, il 63% degli investitori dichiara di affidarsi allo stesso consulente da almeno 6 anni (più di 10 nel 45% dei casi). Tuttavia nel nostro Paese la domanda di consulenza finanziaria si conferma contenuta, poiché dichiara di ricorrervi solo il 26% degli investitori (-2 punti percentuali rispetto al 2021 ma +9 punti percentuali rispetto al 2019). La scelta di non avvalersi della consulenza è motivata soprattutto dalla percezione che il servizio non sia necessario, a fronte dell’investimento di piccole somme (29%) o in strumenti finanziari semplici (23%), ovvero sia troppo costoso (26%). Anche l’investimento in autonomia riscuote una preferenza circoscritta, essendo segnalato da poco meno di un quarto degli intervistati (31% nel 2021 e 40% nel 2019). In linea con le rilevazioni precedenti, rimane più diffuso l’affidamento a parenti, amici e colleghi (cosiddetta consulenza informale), come indicato dal 45% del campione (dato in crescita rispetto all’anno precedente ancorché stabile rispetto al 2019). Infine gli investitori che si avvalgono dei consigli di un professionista non sempre mostrano piena consapevolezza delle caratteristiche del servizio. Solo il 39% degli intervistati sa che la sua prestazione è riservata ai soggetti iscritti all’Albo unico dei consulenti finanziari. Solo il 15% identifica nella modalità di retribuzione una delle caratteristiche tipiche della consulenza indipendente. Gli individui assistiti da un professionista detengono un portafoglio più diversificato rispetto alla parte restante del campione, per il quale le attività più diffuse rimangono i certificati di deposito e i buoni fruttiferi postali (50% delle famiglie), seguiti da fondi comuni (29%) e titoli di Stato italiani (18%).

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