Da Cenerentola a principessa questa è l’ascesa degli Etf in Italia. Le motivazioni di tale successo sono molte, una su tutte: sono strumenti efficienti con costi contenuti che ben si combinano con i modelli di consulenza più evoluti. Una ricerca realizzata da Finer per Vanguard, su 8.500 professionisti tra consulenti finanziari (cf), private banker dipendenti (pb) e gestori bancari, presentata a ConsulenTia 2023 offre alcuni spunti di riflessione. Il livello di conoscenza degli strumenti passivi e degli Etf ha ampi spazi di miglioramento: dichiara di conoscerli “poco” il 34% dei bancari, il 25% dei private banket e il 16% dei consulenti finanziari.
Valore del brand
I financial advisor che sono anche i più propositivi nel proporre gli Etf (68%), seguono i private banker (44%), ultimi i gestori bancari (34%). Tutti i professionisti concordano sul fatto che nella selezione degli strumenti passivi conoscenza e reputazione dell’emittente e valore del suo brand prevalgano su modalità di replica e conoscenza degli indici. Certamente come tutte le asset class anche per gli Etf e i fondi passivi il mercato è guidato soprattutto dall’offerta, sono ancora pochi i clienti che li richiedono: 34% ai consulenti finanziari, 23% ai private banker e 9% ai gestori bancari. Sempre a detta dei professionisti il tipo di cliente che chiede questi strumenti è abbastanza trasversale (dall’affluent al Hnwi) e coerente con le differenti figure professionali.
Prevalenza tra i giovani
Trasversale anche l’età dei clienti che richiedono gli Etf con una prevalenza però per i più giovani (under 40): 69% per i gestori bancari, 57% per i cf e 52% per i private banker. Unanime il consenso sulla accresciuta importanza degli Etf negli ultimi anni: 69% per i cf, 67% per i private banker e 62% per i gestori bancari. Come pure è molto elevata la propensione all’utilizzo futuro degli Etf nei prossimi 12 mesi da parte di tutti i professionisti: 71% per i cf, 69% per i private banker e 66% per i gestori bancari. Interessante anche comprendere se gli Etf possano convivere da soli o inseriti con altri strumenti in un portafoglio di servizi di consulenza esistente. La risposta è inequivocabile: per tutti è nettamente preferibile che gli Etf siano inseriti in un servizio di consulenza (89% per i consulenti finanziari, 87% per i private banker e 78% per i gestori bancari). Rilevante analizzare cosa potrebbe contribuire a far crescere l’uso degli strumenti passivi e degli Etf: la partnership con emittente guidata centralmente dalla banca è risultata il primo aspetto sia per i gestori bancari (66%) che per i private banker (53%) e i consulenti finanziari (42%).
La spinta del fee-based
Molto importanti anche gli strumenti per la costruzione del portafoglio (25% per i cf, 19% per i pb e 12% per i bancari) e le attività di formazione a cura degli emittenti (22% per i private banker, 17% per i bancari e 14% per i consulenti finanziari). Tra i driver della crescita degli Etf, i modelli di consulenza fee-based anche ibridi sono rilevanti per gli advisor di cui possono già beneficiare. La eventuale rimozione degli incentivi o “inducement”, di cui tanto si è parlato, non risulta, al momento, un driver significativo per la crescita degli Etf in Italia come, d’altronde dimostrato dalla loro attuale presenza anche nei modelli di consulenza più evoluta esistenti. È indubbio che la rapida evoluzione della consulenza finanziaria accelererà alcuni cambiamenti innescati ormai da qualche anno nella relazione con le sgr: una relazione sempre più improntata alla ricerca di qualità ed efficienza e quindi maggiormente selettiva. In questo contesto gli Etf avranno un ruolo sempre più centrale anche in Italia.