Dossier inducement, parola alle reti: Copernico Sim

L’irriverente saggezza di Groucho Marx ci insegna che: “Nella vita ci sono cose ben più importanti del denaro. Il guaio è che ci vogliono i soldi per comprarle!”. Non deve quindi sorprendere il clamore mediatico generato, in ambito finanziario, da un tema che va a toccare direttamente le tasche degli operatori del mercato europeo del risparmio gestito e dell’advisory: stiamo parlando ovviamente della controversia continentale riguardante le commissioni di retrocessione.

Come sappiamo, salvo ulteriori rinvii – inizialmente si parlava di aprile 2023 – a maggio la Commissione Europea dovrebbe presentare la «Retail Investment Strategy», avviata nell’ambito del piano di azione della Capital Market Union nel 2020, nella quale sarà affrontata la questione delle retrocessioni (nel marzo del 2022 si era conclusa la consultazione sul documento “Targeted consultation on options to enhance the suitability and appropriateness assessments” finalizzata alla stessa) . Le proposte sugli inducement dovrebbero essere varate contestualmente alla pubblicazione del piano, con un esito che però non appare così scontato; sarebbero infatti ben nove i paesi, tra cui Germania, Francia e Italia, che avrebbero inviato alla commissaria Ue per i servizi finanziari, Mairead McGuinness, una lettera di aperta opposizione a una eventuale riforma. In attesa della conclusione della diatriba, anche tra gli addetti ai lavori del mercato italiano si è scatenato un dibattito intenso e senza esclusione di colpi, fatto di previsioni, sentenze e veri e propri schieramenti contrapposti.

Secondo una recente analisi Assosim, in caso di varo del divieto circa il 73% dei risparmiatori italiani potrebbe perdere la consulenza o riceverla a caro prezzo, mentre è probabile che il modello solo a pagamento funzioni bene unicamente per importi in gestione elevati. Attualmente questo modus operandi è applicato solo nel Regno Unito e in Olanda e ha un’intensa attività di lobby. Su questo dettaglio la società Excellence Consulting ha effettuato uno studio in cui ha confrontato il modello di consulenza finanziaria italiano con quello britannico, dove le commissioni di retrocessione sono state vietate con l’entrata in vigore della Rdr – Retail Distribution Review (il corrispettivo della nostra Mifid). Stando alle evidenze della ricerca, nel Regno Unito il 51% degli adulti afferma di essere disposto a pagare per un consiglio sugli investimenti “se i costi fossero ragionevoli”, mentre i clienti che non hanno chiesto la consulenza sarebbero disposti a pagare una parcella se inferiore all’1% del patrimonio. In Italia invece il 70% circa degli attuali clienti dei professionisti delle reti non sarebbe disposto a pagare un servizio di consulenza; dall’altra parte i servizi di advisory a pagamento lanciati con successo sul mercato italiano dai principali player hanno a oggi raggiunto una diffusione media sulla clientela non superiore al 30%- 35%. Da non dimenticare che i due paesi sono diversi per disponibilità di risorse e hanno una differente composizione della clientela.

Comunque sia, fanno però notare gli analisti di Banca Akros, qualsiasi impatto dovrà essere valutato considerando il ridisegno del modello di business che le aziende attueranno per affrontare il nuovo panorama. Soprattutto considerando che gli operatori del settore stanno esaminando scenari alternativi nel caso in cui il divieto di incentivazione sia adottato, compreso l’addebito anticipato ai clienti per la consulenza. “Il nuovo regolamento rischia in ogni caso di essere dirompente e avere un impatto negativo sui profitti del settore, tuttavia prevediamo che i tempi per entrare in vigore saranno lunghi”, avvertono da Akros.

Spostandoci sul fronte dei consulenti, Bluerating.com ha effettuato un recente sondaggio tra i professionisti che ha visto una maggioranza bulgara di lettori contrari a una eventuale riforma Mifid che preveda divieto di retrocessioni (oltre l’87% di pareri sfavorevoli), con oltre il 66% degli intervistati che si è detto preoccupato che i propri introiti annuali possano diminuire di più del 25%. Resta però da capire quali siano le valutazioni e le eventuali strategie d’azione dell’altro volto dell’industria, cioè le reti; per comprenderle al meglio BLUERATING ha deciso di porre tre quesiti puntuali ad alcuni dei principali player del mercato italiano. Iniziamo con le risposte di

Le domande
1 In primavera la Commissione Europea presenterà la «Retail Investment Strategy», avviata nell’ambito del piano di azione della Capital Market Union nel 2020, nella quale sarà affrontata la questione delle retrocessioni. Quale potrebbe essere a suo avviso l’impatto sul mercato italiano di un eventuale divieto legato agli inducement?
2 Avete promosso delle iniziative interne di confronto/informazione con i vostri professionisti sul tema?
3 Quali sono a suo giudizio gli elementi chiave sui quali dovrebbe focalizzarsi il legislatore per promuovere ulteriormente lo sviluppo dei servizi di consulenza finanziaria in Italia e in Europa?

Copernico Sim (Gianluca Scelzo, consigliere delegato)
1 È molto difficile poter prevedere quale possa essere l’impatto di un cambio così radicale sia nella normativa che nell’operatività di tutti i giorni. Restiamo dell’avviso che questo cambiamento non debba e non possa essere fatto dall’oggi al domani ma che ci sia una sorta di soft landing per arrivare al blocco delle retrocessioni. Sarebbe, infatti, un errore prima di tutto per i clienti finali se questo cambiamento venisse fatto in tempi molto rapidi e soprattutto in un momento di mercato come questo. Il 2022 è stato uno degli anni peggiori, anche in termini di diversificazione, in quanto sia la parte equity che la parte bond sono scese di pari passo. Il 2023, invece, era iniziato con un bel rimbalzo che si sta affievolendo in questi giorni. Quello che sta succedendo ad alcune banche americane probabilmente farà riflettere Fed e Bce sugli ulteriori aumenti dei tassi di interesse per stabilizzare un po’ il mercato. In questo momento eventuali altri cambiamenti, anche di sistema, non sarebbero così opportuni perché è meglio farli in una situazione di calma, piuttosto che di agitazione del mercato.
2 In previsione di questi cambi normativi che, come detto sopra, ci auguriamo non vengano fatti nell’immediato anche se il mercato sta andando in questa direzione, qualche mese fa abbiamo richiesto l’autorizzazione al servizio di RTO per poter lavorare con la consulenza evoluta a parcella senza retrocessione degli inducement. Le nostre dimensioni ci permettono di avere ampia flessibilità e questo servizio potrà certamente essere una freccia in più nel nostro arco per quei clienti evoluti che si adattano a questo tipo di modello. Bisognerà poi intervenire, in un prossimo futuro, per far sì che la maggioranza dei clienti e dei consulenti finanziari si evolvano verso questo scenario più complesso ma certamente più al passo con i tempi. Resta inteso che ci auguriamo, proprio per gli interessi dei clienti, che questo cambio venga fatto senza troppi scossoni.
3 La consulenza finanziaria in Italia è ancora quasi esclusivamente ad appannaggio delle banche. Il multibrand non si è sviluppato come ci auguravamo, anzi, si sta tornando verso soluzioni multimanager a bassa competitività. L’aumento dei certificati e di strumenti finanziari ad alta complessità certamente non aiuta in una fase di mercato come questa. Il legislatore dovrebbe aprire dei tavoli di lavoro con tutti coloro che intervengono in queste dinamiche, senza dare un obbligo dall’alto che metterebbe ulteriormente in difficoltà il sistema. Per fare un esempio, i clienti con poche disponibilità (proprio coloro che hanno più bisogno di essere tutelati) verrebbero tagliati fuori dai costi fissi della consulenza evoluta e si ritroverebbero in una situazione di difficoltà. I servizi evoluti stanno piano piano prendendo piede ma bisognerebbe lavorare maggiormente sullo spiegare i benefici che hanno, piuttosto che renderli obbligatori per tutti. Bisognerebbe lavorare, quindi, non sull’obbligo ma su una definizione più chiara di consulenza evoluta per permettere al mercato la giusta concorrenza ed ai clienti di poter scegliere gli intermediari in maniera più libera.

 

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