Poco meno di dieci anni fa, quando nacque Banca Widiba, la banca digitale del gruppo Montepaschi, nel nostro Paese non era ancora arrivata la piattaforma di Netflix, non c’era neppure Spotify, mentre negli Stati Uniti Apple e Amazon valevano in borsa un decimo rispetto a oggi.
Dieci anni fa le banche in Italia avevano la bellezza di 35mila sportelli contro i 21mila circa dei giorni nostri ma, nel frattempo, il valore dei risparmi degli italiani è cresciuto in un decennio in maniera considerevole, nonostante tutti i cigni neri che hanno condizionato i mercati finanziari, dalla crisi dell’euro alla guerra in Ucraina, passando per la pandemia del Covid-19. In questi due lustri così complessi, Banca Widiba ha raggiunto 9,3 miliardi di euro di masse, oggi ha una struttura di circa 240 persone oltre a una rete di 560 consulenti finanziari attivi su tutto il territorio nazionale. Cosa ha determinato il raggiungimento di questi traguardi? “Di motivazioni potrei indicarne molte”, dice Marco Marazia, direttore generale di Banca Widiba, “ma ce n’è una che, a mio avviso, le sintetizza tutte: è il fatto di avere l’innovazione, non solo tecnologica, nel proprio Dna”.
Che significa in concreto, dottor Marazia?
Semplicemente vuol dire che, se Banca Widiba fosse ancora uguale a quella che era quando è nata, forse oggi non saremmo qui a raccontare i suoi primi dieci anni di storia. Avere l’innovazione nel proprio Dna significa saper cambiare sempre, quando necessario, in un mondo che non sta mai fermo e si muove a velocità accelerata.
Un mondo che va veloce ma che sembra aver finalmente scoperto i valori della diversity e dell’inclusione. Come li declinate?
Vorrei ricordare un paio di dati che parlano da soli. Oggi, nella nostra azienda, circa il 45% della popolazione manageriale è rappresentato da donne, una delle migliori practice del mercato. L’altro dato che vorrei sottolineare con forza è che, nella nostra prima linea di top manager, le donne sono ben cinque su sei. Credo che sia un caso non comune nell’industry finanziaria in Italia. Ma ci tengo a evidenziare un aspetto importante: i sei manager al vertice della banca sono innanzitutto eccellenti professionisti, indipendentemente dal genere. Ed è proprio questo l’approccio che seguiamo nel rapportarci ai temi della diversity&inclusion: garantire uguale accesso alle opportunità, dando concretamente spazio al merito e al talento.
Diversità, inclusione ma anche capacità di gestire i talenti. Tra le sfide che si trovano davanti le aziende contemporanee, in un mondo che viaggia veloce, c’è proprio anche quest’ultimo aspetto. Non trova?
Certamente sì. Oggi, il mercato è caratterizzato da professioni che sono nate e si sono sviluppate solamente negli ultimi anni. E ci sono persone che lavorano in aziende e provengono da mondi molto diversi dal settore bancario come le compagnie telefoniche o le utility. Ecco, credo che valorizzare i talenti voglia dire anche costruire team con un mix di professionalità differenti, mettere assieme atomi diversi per dar vita a una molecola fatta di competenze diverse. Per questo, Banca Widiba ha una popolazione aziendale con forti skill in campo bancario e finanziario che convivono e si integrano con altri tipi di competenze professionali. Il risultato è una squadra di persone che si sente parte della banca e ha come obiettivo comune quello di creare valore per i clienti.
Banca Widiba ha scelto di sviluppare al proprio interno una piattaforma proprietaria senza affidarsi a un provider esterno. Perché questa scelta?
È una piattaforma che ormai ha più di 20 milioni di righe di codice. L’abbiamo costruita internamente per non dipendere da un fornitore esterno ed essere più agili e solidi. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di avere altissimi livelli di ricerca e sviluppo al nostro interno per garantire anche l’eccellenza del servizio non solo verso i clienti, ma verso tutti gli stakeholder, i portatori di interessi economici rilevanti nei confronti della banca. Le stesse logiche di customer experience che usiamo con i clienti le utilizziamo anche con i dipendenti e i consulenti della rete.
A proposito di consulenti finanziari, quale ruolo hanno in questo processo?
Un ruolo senza dubbio centrale. Per noi, i consulenti finanziari sono l’asse portante di una strategia al servizio dei clienti. Per questo, implementiamo continuamente i loro feedback sull’operatività della banca, sia attraverso appositi comitati di condivisione, sia con procedure automatizzate. Vorrei ricordare che Banca Widiba vanta un tasso di soddisfazione dei clienti di oltre il 98%, dato misurato processando ben 1,5 milioni di rating e giudizi che la clientela ha rilasciato su di noi. Senza l’apporto determinante dei consulenti finanziari, questo risultato non sarebbe possibile.
Quali sono gli obiettivi di crescita della rete?
Quelli del nostro piano industriale, che arriva al 2026 e prevede la crescita significativa del numero dei nostri consulenti. Nei piani di recruiting la banca è impegnata su più fronti: giovani, professionisti in arrivo dal mondo bancario, ma anche professionisti più senior del mondo della consulenza finanziaria, purché mostrino di condividere i nostri valori e obiettivi di crescita. Recentemente, abbiamo introdotto il programma Team CF, un’ulteriore innovazione verso lo sviluppo di un modello di consulenza in grado di garantire ai clienti un servizio a 360 gradi attraverso un processo totalmente digitalizzato. I consulenti finanziari della nostra rete possono costituire due differenti tipologie di Team, allo scopo di unire le competenze verticali e orizzontali al servizio del cliente e favorire il passaggio generazionale dei professionisti. Per quanto riguarda lo sviluppo qualitativo della rete, vogliamo continuare su un percorso che abbiamo intrapreso già da anni. Sin dal 2017 proponiamo anche un’offerta di servizi di consulenza a parcella, per eliminare tutti i potenziali conflitti di interesse. Negli ultimi mesi, secondo i dati di Assoreti, la raccolta dei consulenti finanziari si è concentrata molto sul risparmio amministrato. Questo dato è legato anche a motivi contingenti, cioè a qualche incognita sulle prospettive dei mercati. Credo però che alla base ci siano anche ragioni di tipo strutturale, cioè la sempre maggiore libertà nella scelta degli strumenti a disposizione del cliente per la volontà di ridurre i potenziali conflitti di interesse.