Iniziamo contestualizzando l’anno in corso. Come è andata la prima metà del 2023 per Credem?
Anno complesso e difficile da interpretare. Quantitativamente i numeri sono positivi e la raccolta è sostanzialmente in linea con quelle delle altre prime realtà del settore. Sul gestito siamo molto contenti e viaggiamo con cifre decisamente più importanti della media. Più in generale abbiamo impostato la nostra strategia sulle attività core, come quella wealth, incontrandoci come sempre con le esigenze della clientela.
Osservando i dati Assoreti, sebbene gli afflussi complessivi per il settore siano importanti, emerge una certa difficoltà nella raccolta sul gestito, cosa che invece nel 2022 non accadeva…
E’ indubbio che l’industria del risparmio gestito nei primi mesi del 2023 abbia evidenziato qualche battuta d’arresto dopo un 2022 da tempesta perfetta e oggi ne vediamo naturalmente gli effetti anche temporalmente dopo la rendicontazione annuale alla clientela. Parallelamente con questa dinamica dei tassi fermare la raccolta sul risparmio amministrato è come cercare di fermare l’acqua con le mani! Cosa fare? Impegnarsi lato wealth per offrire servizi su misura alla clientela, che possano compartecipare le strategie di medio lungo periodo con l’esigenza più tattica di rendimenti di breve in logica protezione dall’inflazione. Avere consulenti “strutturati” capaci di gestire al meglio la consulenza offerta dalle fabbriche del gruppo, veicolata attraverso la nuova piattaforma patrimoniale che ci sta dando un vantaggio competitivo: personalmente ritengo che questo sia un momento molto buono per andare all’attacco su clientela non seguita adeguatamente.
Recentemente vi siete ritrovati per la convention in Sardegna. Come è stata l’esperienza?
Molto bella. Volevamo fare un evento in compartecipazione con un’altra realtà importante come Avvera, la casa dei finanziamenti del gruppo Credem, creando così di fatto la prima convention “sinergica”; è stato bello scambiarsi esperienze e punti di vista, un’occasione per creare sinergie e contaminazioni. Eravamo al Forte Village e abbiamo sfruttato questo aggettivo/sostantivo, “forte”, per associarlo al nostro approccio antifragile alla consulenza patrimoniale a 360 gradi.
Siete stati gli artefici della nascita della figura del “Financial Wellbanker”. Come si sta evolvendo questo modello?
Stiamo affrontando ambiti e trattando temi del benessere finanziario e personale dei nostri clienti che non pensavamo fossero così coinvolgenti e apprezzati dalla clientela. Il prossimo obiettivo sarà quello di contaminare tutti i nostri professionisti trasformandoli in “portatori di benessere” per soddisfare tutti i bisogni del cliente sfruttando il valore aggiunto che offre un modello di servizio come il nostro. Abbiamo contemporaneamente avviato un progetto riservato ai neofiti che ci ha davvero coinvolto ed entusiasmato: sono i primi a percepire e ad apprezzare il tema dell’importanza della visione patrimoniale del nostro ruolo. È una sorta di “ritorno alle origini”, all’essenza della consulenza dei primi promotori finanziari, con l’intento di fare innamorare o rinnamorare i neo consulenti del loro mestiere.
Un tema evergreen è quello del cosiddetto reclutamento. Come vi state muovendo? Perché un professionista dovrebbe scegliere proprio Credem?
Il claim di un vecchio spot pubblicitario di un noto aperitivo recitava “per molti ma non per tutti”… la base line che offriamo a consulente patrimoniale è quella di un modello di wealth management affiancato al banking tradizionale con un approccio omnicanale e un team di specialisti allargato grazie alla federation of business di Credem. Tradotto, noi ci siamo per qualsiasi esigenza patrimoniale e la soddisfiamo con un modello unico da sempre. Per caratterizzare ancora di più l’offerta abbiamo sviluppato recentemente una piattaforma contrattuale dedicata ai bankers, siano essi private o upper affluent, target prioritario e sicuramente il più assonante al nostro modello. Come mi ha detto recentemente un consulente di una rete concorrente “…dentro alla vostra boutique c’è molto di più di quello che si vede da fuori in vetrina…”
Un altro argomento caldo per il settore e a ribadirlo sono i dati Ocf, è quello del ricambio generazionale. Quali iniziative state portando avanti su questo fronte?
Non dobbiamo limitarci a ragionare solamente dell’età media dei consulenti. Per questa professione servono in primis passione ed entusiasmo, il tema dell’età viene dopo. Sicuramente gestire al meglio l’età della rete aiuta a pianificare, ma non è un driver qualitativo. Il tema del people management, della gestione attiva delle persone in ottica welfare è il must per il gruppo e per la rete dei FW Credem.
Lei è dal ’92 che lavora in Credem. Vuole raccontarci un episodio che l’ha segnata particolarmente all’interno di questo percorso trentennale? Come si immagina i suoi prossimi 10 anni dal punto di vista professionale?
Mi sono laureato in economia aziendale con una tesi sulle sponsorizzazioni sportive, sinceramente non mi vedevo in banca, eppure questo è il diciassettesimo mestiere diverso che faccio in Credem in più di trent’anni. “Una persona un progetto” è stata per me una promessa che si è avverata: un percorso che racconta bene quello che Credem è in grado di offrire, con una job rotation e un’attenzione alla crescita personal-professionale che mi hanno permesso di rimettermi in gioco ogni volta. Dei tanti episodi che potrei ricordare voglio citarne uno recente: nel corso di un nostro evento all’interno dell’ultima edizione del Salone del Risparmio, dove ho moderato la conference di Credem, ho potuto parlare di temi di wellbanking e educazione finanziaria con Daniela Fatarella direttore generale di Save The Children Italia… personalmente e stata un’esperienza emozionante a livello personale prima ancora che professionale. I prossimi dieci anni non riesco e francamente non voglio neanche immaginarmeli: il mondo cambia talmente tanto velocemente da essere imprevedibile e per adesso mi accontento di non averne paura …