Reti e consulenti, c’era una volta il gestito

“C’era una volta il gestito”. Probabilmente il genio di Sergio Leone avrebbe utilizzato questo titolo per un ipotetico film destinato a raccontare lo scenario che il mondo della consulenza finanziaria italiana sta vivendo in questo 2023. Questa volta però di Robert De Niro disteso e inebriato dall’oppio non vi è traccia, ma qualcosa è comunque andato in fumo: stiamo parlando di oltre 9 miliardi di euro, la differenza in negativo di raccolta in prodotti di risparmio gestito rispetto al 2022. Una cifra, quella sopracitata, che non è indice di una crisi sistemica, almeno per ora, ma che riflette un dato di fatto inopinabile: considerato  che il volume complessivo di afflussi netti tra gennaio e luglio 2023 (28 miliardi di euro) sostanzialmente equivale, sebbene in lieve calo, a quello registrato l’anno precedente nel periodo corrispondente (28,8 miliardi), vi è stato un vero e proprio stravolgimento nella composizione degli apporti, il tutto a vantaggio di titoli e liquidità (l’amministrato nel 2023 ha portato a casa oltre 26,3 miliardi, contro i quasi 28 del 2022).

Vecchio amore

La spiegazione più accreditata tra gli addetti ai lavori in riferimento a questa così netta differenza di composizione del portafoglio, vede come elemento portante la combinazione tra scarse performance del gestito nel 2022 e rendimenti allettanti per Btp e conti deposito: risultato, i clienti dei consulenti hanno mollato i fondi, prediligendo il vecchio amore tutto italiano per obbligazioni e liquidità. Questo trend ha coinvolto buona parte dei big del settore e i numeri relativi agli afflussi tra gennaio e luglio 2023 sono lì a mostrarcelo: considerate le undici realtà che comunicano mensilmente i dati ad Assoreti, ben quattro hanno un saldo in negativo, compreso il principale gruppo italiano, Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking, che vede deflussi superiori a 1,6 miliardi di euro. Solo due società, precisamente Banca Mediolanum e Allianz Bank FA, sono riuscite a superare il miliardo di raccolta in gestito, nel dettaglio 1,6 miliardi per la squadra di Massimo Doris e 1,2 per i professionisti guidati da Paola Pietrafesa. Ma qual è invece l’impatto potenziale di questa dinamica sui conti dei protagonisti del mercato? A offrirci diversi spunti su questo tema è un’analisi offertaci in esclusiva da Excellence Consulting.

Fee in calo

Stando ai numeri evidenziati dalla società di ricerca, la forte crescita della raccolta netta in amministrato si è registrata in particolare nell’ultimo semestre 2022 e a ruota, come abbiamo visto, nel primo semestre del 2023, per un totale a livello di mercato di 45 miliardi di euro (pari al 6% dell’aum) nei 12 mesi; questi dati hanno portato nello stesso periodo a una contrazione delle commissioni nette pari a 91 milioni di euro per il mercato (considerando il perimetro Assoreti), di cui 72 milioni riferibili alle prime quattro realtà del settore per asset in gestione, cioè Fideuram ISPB, FinecoBank, Banca Mediolanum e Banca Generali. Per fortuna, almeno sul breve termine, questa discesa nei ricavi verrà ampiamente ricompensata dalla netta ascesa delle entrate derivanti da margine d’interesse, ma lo scenario di prospettiva non può non impensierire, specie pensando a quanto queste ultime voci di bilancio siano ancorate alle politiche della Bce sui tassi. Insomma, un problema sta nascendo, ma se non altro il tempo per correre ai ripari c’è; compito dell’industria, come sempre, riuscire a tradurre in opportunità gli ostacoli di un mercato e di una società decisamente liquidi. In tutti i sensi, compresa la visione di Bauman.

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