Henry Paulson, l'ultimo dei boyscout

Nato da una famiglia della middle class americana (il padre era un venditore di gioielli all’ingrosso), Paulson conduce gli anni dell’adolescenza tra lo scoutismo, passione che lo porterà a raggiungere il titolo di eagle scout (la più alta onorificenza dell’associazione) e le fraternite studentesche, anche filo cattoliche. Nel 1968 riceve il diploma al Dartmouth College, cui seguirà un MBA alla Harvard Business School (1970). 
 
Sempre in quegli anni, Paulson, incontra la futura moglie Wendy che gli darà due figli, Henry Merritt III e Amanda Clerk (che lo renderà nonno nel giugno del 2007).

Terminati gli studi e trovata la compagna di vita, la carriera di Paulson inizia nel 1970 quando entra nello staff dell’assistente del Segretario della difesa del Pentagono. Dopo questo primo incarico, ne seguirà un secondo sotto la presidenza Nixon, dove servirà come assistente a John Ehrlichman dal 1972 al 1973. Finalmente, nel 1974, il debutto a Wall Street. 
 

La società è ovviamente Goldman Sachs, prima banca d’affari degli Stati Uniti, che lo vedrà scalare tutti i gradini del potere fino alla nomina di co-chief operating officer nel periodo 1994-1998. Ed è proprio nel 1998, dopo l’elezione a governatore del New Jersey dell’allora co-ceo del gruppo Jon Corzine, che Paulson conquista il timone di Goldman Sachs.
 
Durante i suoi anni a Wall Street, l’attuale Segretario al Tesoro viaggia moltissimo e soprattutto verso oriente. Sarebbero, infatti, più di 70 i viaggi verso la Cina, paese amato dall’uomo d’affari in pubblico e dall’amante della natura in privato. Hank infatti non è solo un avido banchiere ma anche un attivissimo sostenitore della conservazione dell’ambiente e della natura in genere, status che lo vedrà spesso scontrarsi con i più stretti collaboratori del presidente Bush, considerati poco “verdi”.
 
Nel suo curriculum di “ecologista” si ricorda la partecipazione al board della Nature Conservacy e al Consiglio Asia-Pacifico. Proprio in Asia, Paulson lavora addirittura a stretto contatto con l’ex presidente della Repubblica Popolare Cinese, Jiang Zemin, per preservare la “Gola del salto della Tigre”, territorio immacolato nella regione dello Yunnan. Ma l’amore per l’oriente e la Cina lo spingono anche a ricoprire il ruolo di mentore verso i giovani studenti cinesi tanto da diventare advisory board di una business school cinese.
 
Gli hobby e le passioni di Paulson, però, non devono trarre in inganno. Gli analisti politici sottolineano come diventare il numero uno di un’istituzione del calibro di Goldman Sachs presuppone caratteristiche di leadership fuori dal comune. Un uomo tutto d’un pezzo quindi, capace di gestire lo stress e i momenti difficili come pochi altri.
Come dimenticare la telefonata nel cuore della notte ad Alan Schwartz, ex ceo di Bear Stearns, al quale venne intimato di trovare entro 24 ore un’acquirente per la disastrata investment bank, pena il fallimento. E più di recente, il ruolo da paladino della patria (a suon di miliardi di dollari) per proteggere le stra-indebitate Fannie Mae e Freddie Mac e il divieto di vendere allo scoperto i titoli delle società finanziarie più sotto stress.
 
Certo i detrattori di Paulson lamentano da sempre un possibile conflitto di interessi tra il suo ruolo politico e quello di ex manager di una delle più importanti banche d’affari del pianeta. Del resto 700 milioni di dollari guadagnati durante la sua carriera di banchiere e blindati in 4,58 milioni di titoli Goldman Sachs, difficilmente si dimenticano. 
In fondo è un dato di fatto che Goldman Sachs (inspiegabilmente) è l’unica banca d’affari a Wall Street ad aver patito poco o nulla della crisi subprime.
Un caso di preveggenza o l’ombra di Hank continua a proteggere da lontano i suoi ex soci? 
 
Una cosa è certa, nessuno meglio di lui potrebbe gestire l’attuale crisi immobiliare-finanziaria, che lo vede un giorno nelle vesti di “bagnino” di lusso, costretto a lanciare salvagenti da miliardi di dollari a banche e società di mutui, e l’altro difensore del libero mercato. 
Un uomo stretto tra l’incudine e il martello. Un ruolo che lo obbliga a proteggere un sistema che la stessa Goldman Sachs ha contribuito a creare e a diffondere dentro e fuori i confini nazionali. 

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