Una ricerca degli esperti di finanza comportamentale di Oxford Risk rivela che molti gestori patrimoniali europei non riescono ad adattarsi alla MiFID II non valutando completamente l’idoneità del cliente e i livelli di rischio.
Il rapporto, intitolato “I gestori patrimoniali si stanno ancora adattando alla MiFID II”, nel dettaglio, delinea lo studio condotto con i gestori patrimoniali europei che gestiscono collettivamente asset per circa 3,2 trilioni di euro e fornisce una visione dello stato attuale del settore europeo della gestione patrimoniale.
Dallo studio in particolare è emerso che solo due gestori patrimoniali europei su cinque (38%) sono pienamente consapevoli e comprendono appieno le direttive MiFID sulle valutazioni di sostenibilità (ESG).
Nonostante l’ESMA abbia aggiornato le sue linee guida per integrare fattori di sostenibilità, rischio e preferenze nei requisiti organizzativi delle società di investimento lo scorso settembre, c’è ancora più di un gestore patrimoniale su 12 (13%) che ammette di non sapere quali siano le direttive sulle valutazioni di sostenibilità o non sono sicuri di capirli.
Lo studio ha rilevato che, nonostante sia integrato nei requisiti MiFID II, meno di un gestore patrimoniale su cinque (17%) è “fortemente d’accordo” sul fatto che la propria società abbia incorporato con successo un metodo per stabilire le preferenze di sostenibilità di un cliente nei propri processi.
La ricerca ha rilevato che i gestori patrimoniali europei fanno troppo affidamento sul proprio intuito e sull’autovalutazione da parte dei clienti del livello di rischio adeguato. Circa tre su quattro (75%) ammettono di fare affidamento in gran parte sui clienti per sapere qual è il loro livello di rischio adeguato. Circa uno su cinque (22%) afferma di essere assolutamente d’accordo nel ritenere di fare affidamento in gran parte sull’autovalutazione del cliente quando si tratta di stabilire i livelli di rischio.
I consulenti spesso basano le decisioni anche sulla propria intuizione. Circa sette gestori patrimoniali su dieci (71%) affermano di fare affidamento sull’intuito per valutare il livello di rischio adeguato di un investitore. Circa un terzo (34%) è fortemente d’accordo nel farlo.