Albo, i pro e i contro

Cosa l’ha spinta nel 2003 a iniziare una nuova professione rendendo marginale, in pratica, la sua formazione universitaria?
A dire la verità non ho mai esercitato la professione forense. Dopo la laurea, infatti, ho iniziato a lavorare in una piccola azienda dove nel tempo sono diventato amministratore e poi presidente. Svolgendo questa mansione ho avuto modo di conoscere i meccanismi della finanza. Scandagliando il mercato alla ricerca di opportunità ho avuto modo di conoscere una realtà come Consultique e nel 2003 ho deciso di aprire uno studio di consulenza. I primi due anni ho investito il mio tempo nella formazione, e a questo scopo ho ottenuto la certificazione Efa e i master Consultique fee-only planner e corporate. Per quanto riguarda la ricerca dei clienti, da subito ho cercato di valorizzare le conoscenze personali maturate nell’ambito della precedente esperienza lavorativa.
 
Quali sono stati gli scogli da superare in questa nuova avventura? 
Senza dubbio la formidabile concorrenza rappresentata dagli intermediari tradizionali. Gran parte degli investitori italiani, molto spesso per pigrizia, sono ancora portati a credere che i grandi istituti bancari rappresentino l’unico interlocutore affidabile. Alcuni temi impalpabili come il fascino del brand, i simboli e gli slogan tendono ancora a sedurre gli investitori, mascherando una realtà fatta di spese e commissioni ingiustificate. In questa situazione gli investitori sono sempre più deboli e sempre meno disposti a concedere la propria attenzione. Per fortuna esiste una nicchia di risparmiatori più attivi, in particolar modo tra i professionisti e gli imprenditori, decisa a scegliere il proprio consulente privilegiando l’analisi personalizzata e indipendente. 
 
Dopo mesi di indiscrezioni è scoppiata nel comune di Milano la bomba derivati. Qual è la sua opinione su questo tipo di contratti?
In linea generale credo che questo genere di contratti generino maggiori utili di bilancio per gli intermediari piuttosto che per gli investitori. Prima di consegnarsi alle banche, le grandi amministrazioni, così come le piccole imprese familiari, avrebbero dovuto affidarsi al consiglio degli esperti del settore. I consulenti indipendenti, ad esempio, hanno la preparazione necessaria per analizzare e verificare se ci siano i presupposti per sottoscrivere questo genere d’operazioni. Questi strumenti, purtroppo, sono stati utilizzati quanto meno superficialmente. Presentati come una semplice copertura contro il rialzo dei tassi d’interesse, di fatto si sono poi rivelati prodotti speculativi non esattamente calibrati sulle reali esigenze finanziarie dei sottoscrittori. 
 
La soddisfa il regolamento che dovrebbe essere accolto in Italia per la creazione dell’albo di categoria?
Finalmente è stata riconosciuta in Italia l’esigenza di creare un albo che certificasse la nostra presenza, evitando la nascita di una classe di sedicenti consulenti che fornisse ai risparmiatori i consigli più disparati. Sono invece totalmente contrario, e ritengo profondamente ingiusta, la norma che prevede per le Srl l’obbligo di trasformarsi in SpA o SIM.
In ogni caso quello che traspare dallo spirito della normativa è il continuo guardare ai consulenti come un anello dell’intermediazione, caratterizzato, come tutti gli altri anelli, dal conflitto d’interessi. Si giustificano solo così tutti gli adempimenti burocratici che sono stati introdotti per svolgere la professione e che rischiano di ingabbiarne l’operatività. Qualcuno ha mai chiesto ad un medico la rendicontazione delle proprie cure, specificando se ha visitato l’orecchio piuttosto che la gola? 

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