Una nuova strada per Pietro Giuliani. Come si legge dalle pagine de L’Economia, l’inventore di Azimut ha infatti deciso di creare una banca e puntare ad una nuova dinamica sui mercati esteri, dove Azimut ha investito, negli anni, un miliardo di euro in acquisizioni.
“Abbiamo investito in 130 società di cui abbiamo almeno la maggioranza. Trentacinque di queste hanno clienti e masse in gestione, mentre di altre 19 abbiamo solo quote di minoranza. Di tutto questo la nostra valutazione di mercato non tiene assolutamente conto, è considerata pari a zero. Noi invece pensiamo che ci sia del valore lì dentro, importante e in crescita” spiega Giuliani.
Un valore che il gruppo ha iniziato ad estrarre, vendendo la partecipazione di minoranza nell’americana Kennedy Lewis, in cui erano investiti 6o milloni di dollari e da cui ne sono stati ricavati 250 milioni in quattro anni. “Abbiamo accompagnato la crescita di Kennedy Lewis dal 2020 e in questo periodo le loro masse gestite sono passate da 2 a 14 miliardi di dollari nell’ambito degli investimenti in Alternatives. Ora Kennedy Lewis ha bisogno di fare un salto quantitativo e noi potevamo beneficiare del percorso fatto, per questo abbiamo venduto a Goldman Sachs”.
L’attenzione del gruppo ai mercati esteri è sempre viva e negli scorsi mesi si è parlato di un possibile interesse in Australia.”Non voglio parlare dei singoli mercati. Da parte nostra, valutiamo tutte le partecipate estere in una ottica di creazione di valore” dice il fondatore di Azimut, che ha parlato anche di risparmio, definendolo come libertà: “Rappresenta una grande ricchezza del sistema, ma sopratutto uno strumento di grande libertà individuale”.
Come detto, però, entro la fine del 2024 nascerà la banca di Azimut: un cambio di rotta importante per Giuliani, da sempre invece contrario a questa idea: “Vogliamo intercettare parte degli utili che il sistema bancario ricava dalla crescita dei margini di interesse, che sono in quest’epoca una parte importante del bilanci bancari. Oggi Azimut holding conta circa 1.850 consulenti finanziari, e un migliaio di questi verranno trasferiti a una banca che stiamo cercando” sottolinea. “Guardiamo a un istituto mono-sportello di cui acquisire la licenza e dotare di un software adeguato per offrire ai clienti una completa operatività digitale. Si tratta di un’idea imprenditoriale, non voglio fare il banchiere. Azimut Holding rimarrà con una quota di circa il 10% di una banca che avrà uno, massimo due soci forti, che assieme arriveranno a poco meno del 50% del capitale, mentre il resto sarà sul mercato”.
A proposito del capitolo soci, Giuliani lancia un messaggio: “Stiamo parlando con quattro realtà diverse, ma il nostro focus non sarà tanto sul prezzo quanto sul tempo e sulla velocità di risposta. Mi piacerebbe quotare questo progetto entro le elezioni presidenziali americane di novembre”.
Ma cosa farà, in concreto, questa nuova banca? “Ho il piacere di dire che sarà guidata da Paolo Martini. Raccoglierà circa 7,5 miliardi di euro che, con il 2% che è il margine di interesse che si può trattenere, significano 150 milioni l’anno, ovvero circa 100 milioni netti dopo le tasse e gli oneri della piattaforma digitale. La banca partirà quindi con circa 150 milioni di utili netto l’anno e capitalizzerà tra gli 1,8 e i 2,2 miliardi”.
Alla domanda se ci saranno rapporti con Azimut Holding, risponde così: “Azimut Holding sarà legata alla banca da un contratto che prevede, per venti anni, che i soldi che i consulenti conferiranno alla nuova entità produrranno commissioni che verranno pagate alla holding. Non sulle nuove masse, ma su tutto ciò che viene trasferito. Inoltre, i consulenti finanziari, per 5 anni, riceveranno il 2% l’anno di azioni dai nuovi azionisti per far sì che, al termine dei primi cinque anni, il 10% del capitale sia stabilmente in mano ai consulenti finanziari che bloccheranno le loro quote in un pat to di sindacato sovrapponibile a quelli che esiste oggi in Azimut Holding”.