Di recente EFAMA, insieme a numerose associazioni, ha lanciato un allarme riguardo il pericolo di ulteriore aumento della burocrazia che sarebbe introdotto dalla RIS (Retail Investment Strategy).
Preoccupazione che appare giustificata, soprattutto perché non sembra si vada nella direzione di semplificare il quadro normativo e migliorare la qualità del servizio di consulenza, come auspicato anche dagli obiettivi che si pone la nuova commissione Europea.
Il mercato ha oggi necessità di una razionalizzazione delle normative, innanzitutto attraverso un processo di armonizzazione, per evitare sovrapposizioni tra leggi nazionali e regolamenti europei, riducendo così la duplicazione degli obblighi informativi.
Bisogna porsi l’obiettivo della creazione di un quadro normativo unico per la distribuzione dei prodotti di investimento, diminuendo le complessità e consentendo a tutti gli operatori di operare con le stesse regole e con maggiore efficienza.
La semplificazione degli obblighi informativi deve essere il primo obiettivo da conseguire,focalizzandosi su quelli veramente utili per la comprensione dei rischi e delle opportunità, evitando sovraccarichi che possano confondere o scoraggiare gli investitori. Insieme a ciò, è sempre più urgente realizzare modelli di documentazione facilmente comprensibili per gli investitori, che riducano le complessità, e a volte l’astrusità, delle informazioni da fornire.
Lato imprese, i requisiti di compliance necessitano di un restiling, rendendo i processi più agili senza compromettere evidentemente la protezione degli investitori, un obiettivo che può essere facilmente raggiunto, anche grazie agli strumenti digitali sempre più diffusi che consentiranno certamente una riduzione dei costi a lungo termine.
Le normative debbono essere più flessibili e adattabili alle evoluzioni del mercato, in modo che le nuove tecnologie e i modelli di business possano essere facilmente integrati senza necessità di continue revisioni legislative.
Oltre a ciò, resta comunque determinante per un definitivo salto di qualità che, dal lato dell’offerta, si punti sempre di più sulla formazione dei consulenti, che implicitamente significa migliorare la protezione degli investitori.
Consulenza che è rivolta ai bisogni reali e soggettivi dei risparmiatori, si dovrà quindi sempre evitare di proporre un approccio standardizzato. Sarà determinante, nel rispetto dell’interesse dell’investitore, che siano sempre riconosciuti i suoi obiettivi, la sua propensione al rischio, l’orizzonte temporale dei suoi investimenti.
L’altra faccia della medaglia è l’educazione finanziaria, che bisogna sia promossa non più per organizzare convegni di nicchia, ma per favorire davvero la crescita sociale ed economica della nazione.
Ma su questo tema dovremmo probabilmente aprire un altro capitolo.
Sono passati quindici anni da quella iniziativa di un’associazione professionale che si intitolava: “Grossi prospetti, piccole tutele”: il tempo passa ma sembra di essere sempre al punto di partenza.
I problemi sono certamente numerosi, è necessario fare sintesi, trovando un equilibrio tra la protezione degli investitori e la sostenibilità operativa delle imprese, riducendo la complessità burocratica, migliorando la qualità della consulenza e incentivando la trasparenza.