Consulenza: la partecipazione degli investitori al mercato dei capitali, un’Europa a due velocità. Guardando la RIS…

A cura di Massimo Scolari, Presidente Ascofind

Dopo le elezioni europee del giugno scorso, insediato il nuovo Parlamento e la nuova Commissione, è ripresa la discussione tra le istituzioni europee in merito ai progetti normativi ereditati dalla precedente legislatura.

Tra questi vi è la Retail Investment Strategy, progetto presentato dalla Commissione nel maggio 2023, costituisce un anello importante del più ampio e strategico programma della Capital Market Union.

Alla presentazione da parte della Commissione della Retail Investment Strategy, oggi ribattezzata Unione dei Risparmi e degli Investimenti, erano seguiti lavori sia da parte della Commissione ECON del parlamento europeo, sia da parte del Consiglio dell’Unione europea, allo scopo di predisporre i testi da sottoporre al confronto interistituzionale.

La proposta legislativa della Commissione europea prende il via dalla considerazione di un’insufficiente partecipazione degli investitori retail al mercato dei capitali che si evidenzia, in particolare, dal raffronto con gli Stati Uniti. La minore attitudine agli investimenti finanziari comporta un notevole svantaggio competitivo per le imprese europee, con una conseguente ridotta capacità di attrarre capitali e di finanziare gli investimenti e l’innovazione.

Nel 2022 i risparmi delle famiglie dell’UE sono stati pari a 1.390 miliardi di EUR rispetto agli 840 miliardi di EUR degli Stati Uniti, come conseguenza di un tasso di risparmio più basso delle famiglie statunitensi, circa un quarto del livello dell’UE.

Tuttavia, nonostante i maggiori risparmi, le famiglie dell’UE hanno una ricchezza notevolmente inferiore rispetto alle loro controparti statunitensi, in gran parte a causa dei minori rendimenti che ricevono dai mercati finanziari sulle loro attività. Tra il 2009 e il 2023 la ricchezza netta delle famiglie è aumentata del 151 per cento negli Stati Uniti, rispetto al solo 55 per cento dell’area dell’euro.

I titoli finanziari (azioni quotate, obbligazioni, fondi comuni di investimento e derivati) detenuti direttamente dalle famiglie americane rappresentano attualmente il 43% della ricchezza delle famiglie, ma solo il 17% nell’UE.

Il recente rapporto Draghi “The future of European competitiveness” ha messo in evidenza le cause del gap tra l’Unione europea e gli Stati Uniti. “Questo divario riflette in larga misura la maggiore capacità del sistema finanziario statunitense di trasformare i risparmi delle famiglie in investimenti ad alto rendimento, in parte grazie alla maggiore profondità ed efficienza del mercato dei capitali statunitense”.

La Commissione, con la proposta della Retail Investment Strategy, intende garantire che il quadro giuridico per gli investimenti al dettaglio dia sufficiente potere ai consumatori, incoraggi risultati migliori e più equi e, in ultima analisi, crei le condizioni necessarie per aumentare la partecipazione degli investitori al dettaglio ai mercati dei capitali.

Assume quindi una particolare rilevanza analizzare il livello attuale della partecipazione degli investitori al dettaglio nei diversi paesi europei e verificare eventuali significative differenze tra le aree che compongono l’Unione europea.

Un recente report pubblicato in ottobre 2024 a cura di BlackRock, “People & Money”, contiene numerosi dati interessanti che descrivono per i principali paesi europei il tasso di partecipazione della popolazione adulta al mercato dei capitali.

 

 

Numero Investitori (mln.) Quota % adulti investitori
Italia 15 29%
Spagna 11 28%
Portogallo 2 28%
Francia 15 29%
Svizzera 3 45%
Austria 3 39%
Germania 26 38%
Belgio 3 33%
Paesi Bassi 4 30%
Danimarca 2 46%
Regno Unito 19 36%
Svezia 5 58%
Norvegia 2 50%
Finlandia 2 45%
South Europe 43 28,7%
North Europe 69 39,3%
Totale Europa 112 35,3%

 

Fonte: BlackRock, People & Money, ottobre 2024 – Nostre elaborazioni

I dati riportati nel Report, che esamina i valori relativi a 14 paesi europei (alcuni non appartenenti alle UE), mostrano che il livello medio della partecipazione degli investitori, espresso come rapporto  tra il numero degli adulti investitori e il totale della popolazione, si attesta al 35,3%.

La percentuale di partecipazione è tuttavia variabile tra i diversi Stati europei. In particolare, i quattro paesi dell’Europa Meridionale, (Italia, Francia, Spagna e Portogallo) evidenziano un gap rilevante rispetto ai valori rilevati dai paesi del Nord Europa: la percentuale che investe nel primo gruppo di paesi si attesta, come media ponderata, a 28,7%, contro il 39,3% rilevato nel secondo gruppo.

Si tratta quindi di un gap rilevante, pari a circa dieci punti percentuali, che riflette da un lato la minore attitudine dei risparmiatori dei paesi dell’Europa Mediterranea ad investire nel mercato dei capitali e dall’altro la maggiore presenza di sistemi previdenziali pubblici.

In questo contesto, l’iniziativa legislativa della Commissione europea che disciplina i servizi finanziari in modo omogeneo in tutti gli Stati membri della UE, non può risultare efficace nel ridurre le differenze regionali tra le diverse aree europee.

Emerge quindi la necessità di accompagnare l’applicazione delle regole unionali ad iniziative specifiche da parte delle Autorità nazionali competenti e degli operatori di mercati dei paesi, come il nostro, che mostra elementi di arretratezza rispetto agli standard europei.

In primo luogo, come ben evidenziato da numerose ricerche internazionali, l’insufficiente livello di educazione finanziaria nel nostro paese spiega, in parte, la ridotta partecipazione dei clienti retail al mercato dei capitali. Ben vengano, quindi, tutte le iniziative rivolte ad accrescere l’alfabetizzazione finanziaria, a partire dalle giovani generazioni dalla scuola primaria.

Tuttavia, il conseguimento di significativi miglioramenti nel livello di educazione finanziaria necessita di tempi lunghi, non compatibili con l’esigenza di innalzare la partecipazione degli investitori già nei prossimi anni.

Occorre accompagnare queste politiche di lungo termine con iniziative mirate ad accrescere la fiducia degli investitori, avvicinandoli al mercato dei capitali. Un punto importante, a questo fine, come anche rilevato da Verena Ross, Chair di Esma, in un recente intervento ad un convegno tenuto a Budapest, sarebbe quello di mettere a disposizione degli investitori prodotti finanziari più semplici ed economici, presentati da documentazione informativa redatta con linguaggio chiaro e comprensibile e non tecnico.

La maggiore diffusione di prodotti semplici presso il pubblico dei risparmiatori dovrebbe quindi essere favorita da un servizio di consulenza in materia di investimenti anch’esso più semplice (si veda l’esempio della “Simplified advisory” nel Regno Unito), ossia alleggerito da alcuni obblighi normativi che incombono sugli operatori senza aggiungere un concreto valore per gli investitori.

Nel testo della proposta della Retail Investment Strategy la Commissione europea ha introdotto la possibilità di semplificare il processo di consulenza a condizione che i prodotti finanziari raccomandati siano semplici, economici e diversificati. È probabilmente la strada giusta da seguire per consentire un cambio di passo anche negli Stati membri meno evoluti dal punto di vista finanziario.

 

 

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