La consulenza finanziaria negli Usa: capirla per prevedere il futuro in Italia

Vanguard, società di gestione  con un patrimonio di 10.100 miliardi di dollari USA (a fine dicembre 2024) e oltre 50 milioni di investitori a livello globale, commenta una serie di evidenze sull’evoluzione del settore della consulenza finanziaria negli Stati Uniti, sottolineando i trend emergenti e le possibili applicazioni per il mercato italiano.

L’evoluzione del consulente finanziario: dal broker al wealth manager

Negli Stati Uniti, il ruolo del consulente finanziario ha subito un’importante trasformazione, passando da semplice intermediario di prodotti finanziari a wealth manager olistico, capace di erogare una gamma completa di servizi personalizzati e di instaurare con la clientela di fascia elevata una relazione basata sulle esigenze, andando oltre le soluzioni.

I wealth manager, pur rappresentando solo il 10% dei consulenti gestiscono il 18,2% degli asset del mercato Usa grazie ai loro alti livelli di produttività[1]. I wealth manager con i maggiori portafogli lavorano nell’ambito delle wirehouse a cui sono affidate masse totali pari a 10.500 miliardi di dollari, in un mercato che complessivamente vale 37.100 miliardi di dollari[2].  L’ammontare medio dei portafogli dei wealth manager che operano in queste reti è a pari a 269,9 milioni di dollari[3]. “I dati evidenziano come la figura del wealth manager trovi più spazio nelle reti di consulenza finanziaria americana che hanno un modello simile a quello italiano” sottolinea Simone Rosti, Responsabile per l’Italia e Sud Europa di Vanguard. “Guardando al modello americano, crediamo quindi che anche per i consulenti finanziari italiani vi sia margine per evolvere verso la figura del wealth manager”.

Il wealth manager statunitense: un profilo in evoluzione

Il wealth manager statunitense ha caratteristiche ben definite: un’esperienza media di 19 anni nel settore, con una forte predominanza maschile (81,6%) e un’età compresa prevalentemente tra i 35 e i 64 anni. La capacità di offrire servizi aggiuntivi, come la consulenza legale e fiscale, è un elemento chiave del successo dei wealth manager delle wirehouse. Il numero medio di clienti gestiti per consulente è di 101, di cui 38 donne. La distribuzione dell’età dei clienti mostra una netta prevalenza di investitori tra i 50 e i 69 anni. L’8% dei wealth manager ha inoltre clienti con un’età inferiore ai 40 anni[4].

“Il wealth manager americano dialoga sempre di più con tutti i componenti della famiglia, affiancando alla pianificazione patrimoniale quella successoria così da essere preparato nel momento del passaggio della ricchezza, una fase molto delicata dove il consulente, se non è presente nelle relazioni con tutto il nucleo familiare, rischia di  perdere il cliente”, aggiunge Rosti.

Consulenza a parcella in forte crescita

Secondo le evidenze, il 72% dei wealth manager statunitensi[5] oggi utilizza un modello a parcella, garantendo maggiore trasparenza e allineamento con gli interessi del cliente. Questo modello ha ridotto i conflitti di interesse, aumentando la fiducia tra consulente e investitore. Inoltre, il costo medio della consulenza a parcella è sceso nel tempo, rendendolo un modello più accessibile e sostenibile per una platea più ampia di clienti. In media, negli Usa la consulenza a parcella è pagata 96 punti base.

Tra i motivi che hanno portato al prevalere della consulenza a parcella emerge la maggiore chiarezza nei costi e la crescente domanda di servizi personalizzati. Nel 2013, il 62% dei clienti riteneva poco chiari i costi della consulenza finanziaria, ma nel 2023 questa percentuale è scesa al 21%. In parallelo, la quota di consulenti che adottano il modello a parcella è passata dal 31% al 72% e ci si aspetta che arrivi al 77% entro il 2026[6].

L’elemento chiave del successo della consulenza a parcella negli Stati Uniti è la costruzione di un rapporto basato sulla fiducia. Secondo il MarketCast di Cerulli Associates a fine dicembre 2023, i fattori che incidono maggiormente sulla soddisfazione del cliente sono la reputazione del consulente (36%) che include trasparenza e onestà, e la qualità del servizio offerto (23%). Paradossalmente, la performance degli investimenti pesa solo per il 14%, segno che i clienti danno più valore alla relazione con il proprio consulente che ai soli ritorni finanziari. Il 71% dei wealth manager non costruisce direttamente i portafogli dei clienti, delegando questa attività a specialisti interni o a modelli di investimento standardizzati. Ciò consente loro di concentrarsi sulla relazione con il cliente e sulla personalizzazione dei servizi.

“Questo cambio di paradigma ha avuto un impatto diretto sulle strategie di investimento adottate dai wealth manager, favorendo strumenti più efficienti in termini di costi e trasparenza, come ETF e fondi indicizzati”, dice Rosti.

L’asset allocation del wealth manager

L’asset mix medio di un consulente americano è bilanciato tra attivi e passivi, con un ruolo crescente di ETF e fondi indicizzati che oggi con il 38% pesano quanto i fondi attivi. Circa il 90% dei consulenti statunitensi utilizza ETF e fondi passivi e circa il 70% di loro utilizza questi strumenti per la parte core del portafoglio[7]. Da segnalare infine che il mercato statunitense ha già registrato il sorpasso degli investimenti passivi su quelli attivi, un trend che si sta consolidando anche a livello globale[8].

Italia: un mercato pronto per il cambiamento?

In Italia, il modello della consulenza finanziaria è ancora fortemente orientato sulle soluzioni attive, con i fondi attivi che rappresentano il 26,7% degli asset gestiti e una scarsa diffusione diretta degli ETF (1,7%), soluzioni invece ampiamente presenti nelle polizze unit-linked e nelle gestioni patrimoniali[9]. Il sistema di remunerazione del consulente è ancora prevalentemente legato a logiche di distribuzione dei prodotti d’investimento, ma la crescente domanda per un servizio più trasparente e indipendente potrebbe favorire un’evoluzione simile a quella americana.

“Nei prossimi 30 anni si prevede in Italia un ricambio generazionale della ricchezza, con il trasferimento di 3.800 miliardi di euro alle generazioni successive. Per i consulenti finanziari italiani diventa quindi fondamentale ampliare il dialogo con il nucleo familiare dei clienti, offrendo una consulenza che vada oltre la tradizionale gestione di portafoglio e che sia più orientata all’offerta di una gamma più ampia di servizi personalizzati. L’adozione su larga scala della consulenza a parcella e l’integrazione diretta di ETF e fondi indicizzati nei portafogli potrebbero inoltre portare a una maggiore efficienza, trasparenza e convenienza per gli investitori italiani”, conclude Simone Rosti.

 

 

[1] Fonti: Cerulli Associates, Investment Company Institute, Insured Retirement Institute, Morningstar Direct/Annuity Intelligence, Investment News, Judy Diamond, Department of Labor, PLANSPONSOR, S&P

Capital IQ MMD, Financial Planning, Financial Advisor Magazine, and Investment Advisor Magazine.

Dati al 31 dicembre 2023.

[2] Fonti: Cerulli US Intermediary Distribution 2024, U.S. Private Banks & Trust Companies 2024.

Dati aggiornati al 31 dicembre 2023.

[3] Fonte: Cerulli Associates, Investment Company Institute, Insured Retirement Institute, Morningstar Direct/Annuity Intelligence, Investment News, Judy Diamond, Department of Labor,

PLANSPONSOR, S&P Capital IQ MMD, Financial Planning, Financial Advisor Magazine, and Investment Advisor Magazine. Dati aggiornati al 31 dicembre 2023.

[4] Fonte: Cerulli Associates.Dati al 31 dicembre 2023.

[5] Fonte: Cerulli Associates. Dati al 31 dicembre 2023

[6] Fonte: Cerulli Associates. Dati al 31 dicembre 2023.

[7] Fonte: Cerulli Report US Intermediary Distribution 2024. Dati al 31 dicembre 2023.

[8] Fonte: Morningstar. Dati al 31 dicembre 2023.

[9] Fonte: Assoreti. Dati mancanti nel grafico: fondi pensione 2,3%. Dati al 30 settembre 2024.

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