Consulenza: cosa vogliamo che gli algoritmi facciano e cosa vogliamo che facciano i consulenti

Di Janus

Usciti indenni dall’invasione barbarica dei portafogli modello e dal Metaverso, i consulenti italiani non hanno avuto un istante di riposo e ora rischiano di essere messi in soffitta dall’intelligenza artificiale. Certo, per ora Gpt e Gemini si comportano con eleganza, non fanno previsioni, abdicano alla personalizzazione e invitano a confrontarsi con esperti dotati di vita biologica. Ma quanto durerà questo astensionismo nell’era della disintermediazione dilagante?

Bye bye professionista?
In fondo, se è consentita qualche leggerezza, un bell’algoritmo animato e sempre ottimista non va in vacanza, non chiede incentivi, non matura provvigioni e non bisogna portarlo una o due volte l’anno in giro per il mondo a farsi selfie, tutti vezzi che ormai fan parte del kit di mantenimento di un consulente ingovernabile e con competenze necessariamente limitate. Inoltre, un artificio non richiede formazione continua e di valore. Dunque? Bye bye advisor? Passeremo rapidamente dal management fee al fee only e subito dopo a una consulenza senza consulenti? Tranquillizziamo subito il lettore: la discussione sull’intelligenza artificiale  che toglie posti di lavoro o li crea è ormai oggetto di conversazione tra i condomini che aspettano  l’ascensore e non vorremmo ricaricare le batterie dell’entusiasmo o del catastrofismo. Viene però da chiedersi se prima di dare dell’intelligente a un risponditore rapido ma ottuso e  accondiscendente non sarebbe bene ragionare su algocrazia, algoretica e interrogarci su cosa sia l’intelligenza. La divisione cartesiana tra mente e corpo ha infatti mostrato ogni limite, e tutti sappiamo che se il nostro cervello fosse installato nella scatola cranica di Lionel Messi o Margot Robbie reagiremmo e la penseremmo molto diversamente da adesso. L’intelligenza comprende memoria esperienziale, sensibilità, immaginazione e si alimenta di sfide e di sconfitte. Evolve per errori e sofferenze, si confronta con la propria imperfezione e questo la rende unica, irripetibile e immensa nella sua incomprensibilità.

Conoscenze sconfinate
Inoltre, l’intelligenza capisce, accoglie, assolve, gioca, diverte, è sfacciatamente empatica e risveglia. Ciò premesso, e per completezza, un algoritmo onnisciente ottimizza meglio di qualunque essere  umano, seleziona prodotti iper- efficienti, compara tutto e subito, ha  conoscenze illimitate e sa fare analisi puntuali. Sarebbe bene, quindi, decidere cosa vogliamo che gli algoritmi facciano e cosa vogliamo che facciano i consulenti. Da qui deriveremo i saperi, la formazione, i modelli di servizio e una relazione ”nuova e alta”, esperienziale e sensoriale, efficace e insostituibile. Parlar d’altro sarà fine ma distrae.

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