Alfonsino Mei (nella foto), assistito dagli avvocati Claudio Coratella e Andrea Rossi vince al Tribunale di Roma e torna ad essere Presidente di Enasarco.
Lo scorso ottobre Mei era stato revocato dal cda della Fondazione come presidente, e tale revoca, già ritenuta illegittima dai ministeri vigilanti, è stata ora sospesa, in via cautelare, dalla sezione imprese del Tribunale di Roma, presieduta da Flora Mazzaro, con Ordinanza del 07 aprile 2025.
“Enasarco sotto la presidenza di Alfonsino Mei ha visto aumentare i propri utili passando dai circa 50 milioni di euro del 2020 ai 567 milioni di euro del 2024”, recita una nota della segreteria dello stesso Mei.
“Quanto è accaduto non mi fermerà, continuerò la mia battaglia a tutela del patrimonio dell’Ente e, quindi, delle pensioni degli iscritti” ha sostenuto il presidente di Enasarco non appena appreso del provvedimento favorevole.
La destituzione di Mei risale al 9 ottobre del 2024 quando il consiglio di amministrazione della Fondazione Enasarco lo ha scalzato dalla carica di presidente, chiedendone la previa sospensione cautelare. Nel merito, Mei ha però contestato il potere del consiglio di amministrazione di adottare la delibera, in quanto il potere di emettere questo atto è riservato, dallo statuto (artt. 10, 11, 14, lett. e, 19), all’ Assemblea dei delegati.
Lo stesso Mei ha negato, in ogni caso, “di avere posto in essere attività contrarie agli esclusivi interessi della Fondazione, o comunque orientate al proprio interesse personale, o comportamenti contrari ai doveri di lealtà, professionalità e correttezza. Ha respinto le violazioni addebitategli, esponendo che la richiesta di pareri legali rientrava nelle facoltà attribuitegli dallo statuto quale Presidente”
Il Tribunale ha però dato ragione a Mei, ricordando che l’articolo 11 dello Statuto di Enasarco non attribuisce alcun potere al consiglio di amministrazione stabilendo appunto che il potere spetta all'”Assemblea dei Delegati o il Ministero[ …] che “dichiarano la decadenza dalla carica dei componenti degli Organi nei seguenti casi: “a) difetto dei requisiti di professionalità e di onorabilità per effetto di condanna definitiva della pena su richiesta delle parti, ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per i casi previsti dall’art. 8 comma 1, lettera a) o per il verificarsi delle condizioni previste al/’art.8 comma 1 lettera e); b) violazione di disposizioni del Codice etico o in materia di conflitti di interessi per le quali sia prevista la sanzione della decadenza; c) assenza ingiustificata per tre sedute dell’organo, anche non consecutive”; “La carenza di potere di dichiarare revoca o decadenza dei componenti degli Organi”, recita il pronunciamento dei giudici , “determina l’invalidità della delibera impugnata”.