Negli ultimi tempi, la maggior parte delle banche e delle reti dei consulenti finanziari sembra aver concentrato i propri sforzi sui clienti private, cioè con asset finanziari superiori al milione di euro. Si tratta certamente di un tipo di cliente importante, in crescita, ma anche molto esigente e che assorbe molte risorse in termini di offerta e referenti (i private banker) sempre più competenti e preparati. In Italia, però, pochi sanno che la metà del risparmio è in mano ai clienti affluent, (con consistenze finanziarie tra i 200mila e i 500mila euro), ovvero circa 2mila miliardi di euro sui 4mila complessivi. Questi clienti continuano a risparmiare il 10% del loro reddito, hanno un’età media compresa tra i 55 e i 65 anni e sono per il 23% imprenditori, per il 45% dipendenti e per il 32% pensionati. I clienti affluent hanno un patrimonio complessivo economicamente significativo, composto non solo da un’ingente liquidità sui conti correnti (che pesa oltre un terzo), ma anche da investimenti finanziari (molto sbilanciati sulla componente obbligazionaria) e da numerosi immobili. Quello degli affluent è un segmento di clientela servito in modo subottimale dalla maggior parte delle banche tradizionali, perché più variegato rispetto ai clienti private e mass market. Tant’è che le reti dei consulenti finanziari, almeno quelle più dinamiche e digitali, stanno facendo incetta di clienti affluent, ai quali non pare vero poter disporre di una banca efficiente con un consulente dedicato. Le banche tradizionali se ne sono accorte e, infatti, stanno serrando i ranghi su tre fronti:a) un’offerta dedicata ai clienti affluent, che include la gestione del risparmio, la protezione, l’accesso al credito e la consulenza sul patrimonio immobiliare; b) la valorizzazione della figura del gestore bancario dedicato a questo segmento di clientela; c) un sistema incentivante ad hoc e più allettante per questi gestori. Le banche hanno ben compreso che il ruolo e le capacità dei gestori bancari sono e saranno sempre più determinanti per gestire, fidelizzare e quindi trattenere i clienti affluent, che viceversa si riverserebbero in massa nelle reti dei consulenti finanziari. Infatti, quasi tutte le banche stanno investendo sulla crescita del gestore dedicato a questo segmento, vero pivot nella relazione con i clienti affluent, formalizzandone il ruolo e assegnandogli un portafoglio selezionato. Intesa Sanpaolo con gli Exclusive e UniCredit con i gestori First hanno fatto da apripista, ma seguono a ruota Bper, Banco Bpm, Bnl Bnp Paribas, Crédit Agricole, Credem e il Monte dei Paschi di Siena, la cui rete è uno dei punti di forza riconosciuti dal mercato. Le banche si sono anche rese conto che, per rendere ancora più efficace l’azione dei gestori affluent, è necessario che questi abbiano la possibilità di operare fuori sede. Banco Bpm iscriverà tutti i gestori premium all’Ocf (Organismo dell’Albo dei Consulenti Finanziari), ma non sarà la sola e certamente non è la prima. Intesa Sanpaolo ha infatti introdotto nel lontano 2017 il contratto misto o “minotauro” (dipendente-agente). Insomma, dare a un gestore bancario la licenza di operare fuori sede, con un’adeguata formazione e tutti i supporti, è un po’ come spingerlo a uscire anche dalla sua zona di comfort, soprattutto in vista della progressiva chiusura delle filiali. La caccia al cliente affluent è dunque aperta: vedremo se a vincere saranno i più navigati consulenti finanziari o i gestori bancari, purché dotati (parafrasando un titolo di un film di James Bond) di licenza di… uscire.