I promotori finanziari e l'implacabile politica di budget

Sono un promotore finanziario di una piccola rete e sono d’accordo che il lavoro del promotore sia legato all’etica di chi lo svolge e che nel lunghissimo periodo chi si comporta con la massima correttezza risulti vincente, ma non basta. Serve anche che il promotore sia gestito da banche e reti con maggiore rispetto e non solamente utilizzato per essere spremuto e creare guadagni per la banca. Tanto il costo del promotore per le società è quasi nullo.

Non esiste inoltre un contratto quadro nazionale che regolamenti e tuteli tale figura professionale e ripeto professionale. La nostra professione per le autorità rientra nella categoria agenti di commercio e ciò è francamente assurdo se parliamo di professionisti: allora nella categoria agenti dovremmo inglobare anche i commercialisti, gli avvocati ecc….. , forse è una questione di comodo .

Poi dovremmo anche fare in modo che in certi periodi, anche lunghi un paio di anni, i clienti dovrebbero essere investiti solamente in obbligazioni, titoli di stato o fondi liquidità, ma ciò significa che se anche un promotore dispone di un ottimo portafolgio clienti fa la fame (20 milioni di euro di portafoglio tutto in forme di liquidità portano in tasca al promotore 30.000 euro annui lordi di fatturato e si tratta di un signor portafoglio)

Cordiali saluti e diciamo le cose come stanno, anche se non si possono dire. Se vuoi continuare a lavorare…
e-mail firmata

Risponde Francesco D’Arco, redazione Bluerating.com
L’articolo pubblicato il 7 novembre scorso, dal titolo “Colleghi promotori rinunciamo ai facili guadagni” ha scatenato un dibattito acceso tra i nostri lettori. Quell’articolo prendeva spunto da una mail di un promotore che denunciava il cattivo atteggiamento di un collega che seduce il cliente per ottenere un facile guadagno immediato. Basta con questo atteggiamento da venditori, recuperiamo l’etica. Questo era l’appello del nostro lettore. I colleghi non sempre si sono mostrati solidali e non si sono tirati indietro. Quotidianamente riceviamo mail sul tema etica-facili guadagni-professione del pf.

Quella che pubblichiamo oggi punta il dito su alcuni annosi problemi della professione del promotore finanziario, in primis l’assenza di un “contratto quadro nazionale“, cavallo di battaglia di diverse associazioni di categoria. Ma non solo, il lettore spedisce le accuse di non etica alle banche e alle reti, strutture che “spremono” i professionisti: i pf costano poco e fanno guadagnare molto… se rispettano le politiche di budget sembra voler dire il nostro lettore.

E non è un caso che alla fine il pf di questa piccola rete denuncia un dato di fatto: posso anche avere un portafoglio di 20 milioni di euro, ma se questo portafoglio non contiene strumenti “remunerativi” per il promotore a fine mese non resta che “tirare la cinghia”. E alla fine… “se vuoi continuare a lavorare”… rispetta le “cattive regole del gioco”, lascia intendere il promotore.

E qui la denuncia è ancora più grave. Cari colleghi non raccontiamo fiabe, le politiche di budget esistono ancora e sono “implacabili”: o le rispetti, o fai la fame. Se davvero la realtà della promozione finanziaria è ancora questa ben vengano la MiFID e l’attacco alle commissioni delle GPF, ben venga la dematerializzazione (ma a questo punto anche la quotazione dei fondi), e ben vengano tutte le iniziative anti-promotori. La domanda che pongo alla categoria a questo punto è la seguente: il lavoro del pf è ancora basato sulla vendita del prodotto più remunerativo per la banca e il professionista? E’ davvero un sistema senza via d’uscita? Il cliente sarà sempre vittima a mai “re”? Le politiche di budget si basano solo sul concetto di spremere il cliente?

Una volta il presidente di un’importante SGR italiana mi disse: “le nostre commissioni sono più alte della media, ne siamo consapevoli e non lo nascondiamo. Ma anche le nostre performance alla fine sono più alte della media. La qualità, come in tutti i settori, ha un prezzo. E il cliente lo sa benissimo”. I clienti si lamentano delle commissioni quando il rapporto tra prezzo pagato e performance offerta è inversamente proporzionale. In caso contrario “pagare una commissione alta” non è necessariamente un peso (o perlomeno non viene percepito come tale). A questo punto mi chiedo e vi chiedo: abbiamo di fronte un problema di commissioni? Un problema di budget da rispettare? O un problema di rapporto qualità/prezzo?

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