Promotori e consulenti sul banco degli imputati

Difficile trovare in questo periodo dati positivi. E neanche dal Censis arrivano buone notizie. Secondo il 42o Rapporto Censis sulla situazine sociale del paese la crisi finanziaria mette “potenzialmente in pericolo” una famiglia italiana su due: il 48,8% del totale “denunciano un concreto rischio di default”.

Si parla di quasi 12 milioni di famiglie, di queste, secondo il Censis, 2,8 milioni (11,8%) hanno investimenti in prodotti rischiosi, come azioni o quote di fondi comuni. Ma, cosa ancor più grave, di queste 2,8 milioni di famiglie circa la metà ha investito in tali strumenti finanziari più della metà die propri risparmi.

A questi investitori (inconsapevolmente) rischiosi si aggiungono 2 milioni di famiglie (8,2%) impegnate nel pagamento del muto, 3,1 milioni (12,8%) indebitate per l’acquisto di beni al consumo, 3,8 milioni che non posseggono un risparmio accumulato in alcuna forma e “potrebbero trovarsi nella condizione di non saper fronteggiare eventuali spese impreviste o forti rincari di beni di primaria necessità”.

In un tale scenario finiscono nuovamente sul banco delgi imputati i consulenti finanziari (siano essi promotori finanziari, agenti assicurativi, agenti immobiliari, consulenti indipendenti, mediatori creditizi) che hanno collocato prodotti rischiosi a famiglie senza un adeguato profilo di rischio. Ma lasciamo ad altri il compito di ripartire con la consueta caccia alle streghe e invitiamo invece a riflettere su un aspetto che rivela il profondo problema di cultura finanziaria ancora oggi esistente in Italia.

Il rapporto del Censis indica come prodotti rischiosi anche i fondi comuni, senza nessuna distinzione, inserendo questi strumenti finanziari nella lista nera dei cattivi prodotti si genera però ulteriore confusione nella mente degli investitori e si spinge ulteriormente nel baratro l’industria del risparmio gestito (che da inizio anno deve fare i conti con una raccolta negativa per oltre 131 miliardi di euro).

Assogestioni, da diversi mesi, pubblica sulla stampa nazionale una pagina pubblicitaria che ha come obiettivo quello di indicare i cinque motivi per investire ancora in fondi comuni, ma evidentemente non tutti ancora condividono quelle cinque motivazioni. Ed evidentemente non basta l’intervento diretto di Assogestioni. Oggi, più che mai, è necessario un intervento forte di ogni protagonista, a partire dai singoli promotori finanziari, consulenti indipendenti, agenti assicurativi, agenti immobiliari e mediatori creditizi.

Cari “consulenti” non potete più limitarvi a guidare i vostri clienti nella pianificazione, nella selezione del prodotto migliore e nella scelta dell’investimento più adatto. Oggi siete chiamati a compiere un’attività di formazione della clientela, di divulgazione di una cultura finanziaria che freni la demonizzazione dei fondi comuni. Non sarà semplice, ma in questo contesto non potete più aspettare. In gioco c’è la sopravvivenza del risparmio gestito.

Come fare tutto ciò? Lo chiediamo direttamente a voi consulenti che quotidianamente vi confrontate con i risparmiatori italiani.
 
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