UniCredit e Intesa: "Too big to fail"

Sulla base dei dati 2007 forniti dall’Ocse nella pubblicazione “Financial Market Trends“, UniCredit e Intesa Sanpaolo entrano di diritto tra le 40 banche ”sistematicamente importanti” per i Paesi di appartenenza. La banca di [p]Alessandro Profumo[/p] ha, infatti, attività pari a ben il 71,5% del Pil italiano, mentre per Intesa i dati indicano 40,3%. Il podio della top 40 vede al primo posto [s]Ubs[/s] con asset totali pari al 479% del Pil elvetico, seguono l’islandese [s]Kaupthing[/s] (410%) e la svizzera [s]Credit Suisse[/s] con 286%.

L’Ocse dedica un capitolo ad hoc alle ”lezioni da trarre dalle turbolenze di mercato“, e autorevoli economisti sostengono il principio del ”Too big to fail” (troppo grandi per fallire): essenziale dare sostegno finanziario a quelle istituzioni che risultano essere sistematicamente importanti ed interconnesse. Tra le quali rientrano appunto UniCredit e Intesa Sanpaolo. In questo senso è assolutamente da evitare la colpevolizzazione delle banche che ricorrono agli aiuti pubblici, fatto che innescherebbe un circolo vizioso altamente pericoloso. Come soluzione a questo problema l’Ocse da un suggerimeto alle autorità: rendere le condizioni dell’assistenza finanziaria fornita tanto attraenti da sembrare una buona opportunità di business. 

Lo scenario generale riportato dall’Ocse rivela una perdita per le banche di ben 3.068 miliardi di dollari di capitalizzazione borsistica nel 2008. In questo caso medaglia d’oro agli Stati Uniti che segnano un -423 miliardi. Medaglia d’argento invece per il Regno Unito con -307 miliardi e bronzo per l’accoppiata Belgio e Italia che registrano un -176 miliardi rispetto al 2007. Unica nota positiva per il Bel Paese il fatto che nel 2007 aveva comunque registrato un aumento della capitalizzazione delle banche (+73 miliardi), mentre gli altri big erano già in rosso.

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