Collaborazione volontaria: Azimut ne parla a Roma, Torino e Milano

COLLABORAZIONE VOLONTARIA 2.0 – Tre appuntamenti per approfondire la nuova edizione della procedura di collaborazione volontaria, altrimenti detta voluntary disclosure bis: sono quelli che propongono oggi a Roma, e poi a Torino e MilanoAzimut Capital Management – società del gruppo Azimut, grande realtà finanziaria indipendente con oltre 43 miliardi di euro di patrimonio in gestione – e Cofircont Compagnia Fiduciaria. A Roma, alle 16.00 di oggi, collaborazionemercoledì primo febbraio, l’appuntamento è fissato presso gli uffici di Azimut Capital Management, in via Flaminia 133. Il convegno è rivolto ad avvocati, commercialisti e altri professionisti interessati a esplorare la materia.

CONSIDERAZIONI STRATEGICHE E OPERATIVE – Titolo del convegno è “Voluntary disclosure bis – il nuovo provvedimento: considerazioni strategiche ed operative”. A Roma, oggi, è in programma l’intervento di relatori di “altissimo livello”, fanno sapere gli organizzatori: tra gli altri, partecipano Roberto Corradini, head of external counterparts di Azimut Capital Management, Guido Feller, responsabile wealth planning di Azimut Wealth Management, e Michele Muscolo, amministratore delegato di Cofircont (tutti i dettagli sono nell’agenda di Bluerating.com).

NUOVO ACCESSO ALLA PROCEDURA: DIFFERENZE RISPETTO ALLA PRIMA EDIZIONE – La pubblicazione del nuovo modello di accesso alla procedura di collaborazione volontaria, avvenuta all’inizio del mese di gennaio, ha segnato l’avvio di questo secondo processo di rientro ed emersione dei capitali, che segue la campagna del 2015, la quale ha totalizzato (fonte Il Sole 24 Ore) 60 miliardi emersi e 4 miliardi di incassi fiscali. La principale differenza dalla versione precedente sta nella possibilità di autoliquidare le imposte dovute, ovvero di calcolare da soli quanto dovuto all’erario, incluse sanzioni e maggiori imposte. Un passaggio delicato, dal momento che il contribuente rischia – proprio perché può fare da sé – una rettifica a cura dell’Agenzia delle Entrate, ovviamente accompagnata da sanzioni, fino al 3% sul capitale. Eventualità molto concreta, secondo gli osservatori della materia, dal momento che i grandi patrimoni attesi dalla voluntary disclosure bis sono il risultato di ingegnerizzazioni particolarmente articolate, che bisogna sbrogliare.

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