Asset allocation: come muoversi tra ribassi, rischi e volatilità

Ha parlato anche Nizam Hamid, responsabile nelle strategie di vendita per iShares Europe, nella conferenza “Asset Allocation: back to basics” organizzata ieri da iShares (link) e tenutasi all’hotel Four Seasons di Milano.

Come ha spiegato il managing director, dal 2007 al 2008 c’è stato un marcato cambiamento nella struttura di rischio sistematico. La volatilità dell’indice DJ Eurostoxx 50 è aumentata dall’11% al 40%, raggiungendo il picco massimo nell’ottobre 2008, pari all’87%. Anche il CBOE Volatility Index (VIX) ha raggiunto un picco dell’80% in quei primi mesi post crisi, precisamente a novembre.

Un’altra chiave di lettura importante, è stato il cambiamento nei rendimenti. Nel 2007 i rendimenti erano stati relativamente positivi ed il rischio abbastanza controllabile; per quanto concerne le azioni collegate ai Paesi emergenti, i rendimenti erano sopra la media, tuttavia il rischio non raggiungeva livelli straordinari. Nel rapporto rendimento/rischio, dal 2007 al 2008, il Core equity è decisamente calato di oltre 55 punti, medesima cosa se consideriamo l’azionario dei mercati emergenti (in questo caso il calo è addirittura maggiore). Alla fine del 2008, infatti, un mix tra elevata volatilità e bassi rendimenti hanno caratterizzato diverse tipologie di asset, specialmente l’equity. Per quanto concerne le economie emergenti, il rischio azionario è più che duplicato, con rendimenti negativi pari al -53%.

Nizam Hamid ha spiegato come mercati solitamente ritenuti sicuri, abbiano perso oltre il 42%, come il DJ Eurostoxx 50, per esempio. In generale, tutte le tipologie di equity hanno avuto un brusco calo nei rendimenti, persino gli strumenti a reddito fisso hanno attraversato un periodo non facile (in particolare, si pensi ai titoli di Stato delle economie emergenti).

Come coniugare allora questo contesto incerto con le proprie strategie di asset allocation? Il nodo cruciale, secondo quanto illustrato dall’head of sales di iShares, è saper gestire la variabilità dei rendimenti dei fondi attivi in cui, solitamente, il pubblico investe. La grande dispersione dei rendimenti sia per quanto riguarda l’equity, sia per quanto concerne il reddito fisso, presenta agli investitori un’ulteriore sfida al momento di selezionare e gestire un fondo. Per prima cosa, bisogna individuare il benchmark di riferimento. In secondo luogo, sicuramente bisogna tener conto dell’andamento storico dei rischio rendimento del fondo. “La cosa più importante, è quella di saper generare alpha su una base consistente”, afferma Hamid. Si tratta del saper scegliere dei fondi, all’interno del proprio portafoglio, che si collochino il più vicino possibile alla curva dei rendimenti (in termini di scarti al quadrato). A parità di beta (il rischio), gli alpha (l’intercetta della retta), rappresentano in sostanza la qualità  dei fondi selezionati, quelli cioè in grado di sovraperformare il benchmark.

La dispersione dei rendimenti è una buona misura per verificare la consistenza delle performance di tali fondi selezionati. Se ci si riferisce agli Euro Corporate Aggregate bond index, notiamo come la dispersione di quest’indice sia molto prossima alla curva dei rendimenti mentre, ad esempio, l’Equities MSCI Developed World & Emerging Market mostra una elevata dispersione dalla retta. Nonostante la difficoltà nel generare alpha, una risorsa difficile, Nazim Hamid ne conclude, dopo aver osservato dati a 10 anni ed oltre 2755 fondi, che i fondi attivi possono generare alpha. Come questo sia sostenibile ed il confronto tra i fondi attivi e gli Etf, sarà, però, oggetto del nostro prossimo articolo di domani.

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