Attivo o passivo? Finto dilemma

Jonathan Willcocks

I fondi passivi possono trovare spazio all’interno di un portafoglio ben bilanciato e diversificato, contribuendo ad abbassare i costi complessivi del portafoglio e aumentando la diversificazione, grazie all’esposizione a diverse tipologie di asset. Come casa di gestione, però, crediamo fermamente nei benefici dell’investimento attivo: un’accurata selezione dei titoli vincenti permette di evitare i perdenti e di costruire portafogli con forte convinzione. L’investimento passivo, in particolare l’utilizzo degli exchange traded fund, è cresciuto significativamente negli ultimi dieci anni in termini sia di raccolta sia di prodotti disponibili. Le società che offrono strategie d’investimento passive credono che sia molto difficile, se non impossibile, battere il mercato; per questo preferiscono semplicemente replicarlo. Questa affermazione può essere accettabile per molti investitori in una fase di mercati rialzisti. Ma gli Etf iniziano ad essere molto meno interessanti quando i mercati sono in una fase di ribasso o di movimento laterale. Invece di stare a guardare i propri guadagni che svaniscono in una flessione dei mercati, perché non affidarsi ad un gestore esperto per trovare le società migliori, che potrebbero resistere meglio alla situazione difficile e proteggere il valore per gli investitori? Richard Woolnough, gestore del fondo M&G Optimal Income, ad esempio, ha riconosciuto le difficoltà che avrebbero colpito i titoli finanziari molto prima dell’inizio della crisi nel 2008 e, a differenza degli investitori passivi, ha potuto sottopesarli in anticipo. Questo ha fatto crescere la performance del fondo e lo ha protetto da molte delle perdite subite dal mercato in generale e da molti competitor. I difensori delle strategie passive sostengono che è molto difficile trovare gestori capaci di farlo, e che sarebbe ancora più difficile per questi gestori realizzare outperformance anno dopo anno. Fanno anche notare che il TER (total expense ratio), ovvero i costi totali di un fondo, insieme alla cattiva gestione, fanno si che siano molto pochi i fondi attivi a battere il proprio benchmark nel lungo termine. Ma queste argomentazioni ignorano il fatto che ci siano numerosi gestori di fondi attivi che hanno dimostrato la propria abilità nel superare il mercato – al netto delle commissioni – per periodi di tempo molto lunghi.
Le società che offrono prodotti passivi aggiugono, inoltre, che i rendimenti dei fondi attivi sono in gran parte trainati dal mercato (rendimenti beta) e che gli investitori non dovrebbero pagare commissioni per questo. Ma anche gli Etf hanno dei costi, quindi un fondo indicizzato avrà sempre una performance inferiore al mercato quando le commissioni vengono sottratte al rendimento.
L’articolo completo lo puoi trovare su Soldi,
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