Startupper: 5 consigli per la negoziazione con gli investitori

Di Raffaele Battaglini, avvocato esperto di internazionalizzazione delle imprese, operazioni societarie e start-up innovative, Studio d’Avvocati Battaglini-De Sabato

Nella vita di uno startupper, uno dei momenti più delicati è la negoziazione con gli investitori. Ricevo spesso domande su come gestire tale fase e quindi ho pensato di illustrare qui sotto 5 consigli per rendere meno ansiogena la trattativa.

 

  1. Documentazione pronta e organizzata

Gli investitori vogliono sapere ogni cosa della start-up e, per fare ciò, incaricheranno i propri consulenti di condurre una due diligence al fine di mappare i rischi potenziali e concreti della vostra attività.

Se avrete già predisposto la virtual data room, ossia se avrete già raccolto, raggruppato e suddiviso in modo logico e sistematico i documenti inerenti la vostra start-up, faciliterete e velocizzerete la fase di due diligence, proiettando al contempo un’immagine di organizzazione e di professionalità.

Potete per esempio distinguere i documenti in base alle seguenti categorie:

  • societario (atto costitutivo, statuto, patti parasociali);
  • economico-finanziario (business plan, bilanci, contratti con le banche);
  • proprietà intellettuale (brevetti, modelli, marchi);
  • contratti (contratti con fornitori e clienti);
  • contenzioso (cause pendenti e potenziali);
  • giuslavoro (contratti con dipendenti);
  • amministrazione (autorizzazioni, documenti contabili, assicurazioni).

 

  1. Business plan documentato

Gli investitori entrano nel capitale sociale della start-up a un prezzo basato sulla valutazione dell’impresa. Dati e numeri non dimostrabili o non ragionati mettono in discussione l’intero piano economico-finanziario e la serietà dello startupper.

Ogni voce di costo e di ricavo deve essere corredata da adeguate spiegazioni e motivazioni, e non preoccupatevi se gli importi non sono eccezionali: contano di più affidabilità e impegno del team rispetto a numeri vertiginosi privi di sostanza.

Inoltre, dovete fornire un piano di sviluppo preciso dimostrando di avere le idee chiare sugli obiettivi della vostra start-up quanto a target di clientela e mercato geografico – è infatti improbabile che il vostro prodotto/servizio vada bene sia B2C che B2B sin da subito e in ogni paese – e sui passi per raggiungere tali obbiettivi.

 

  1. Controllo sulla società

Questione spesso tralasciata dallo startupper che, focalizzato sul reperimento di denaro, si dimentica di tutelarsi. O si concentra solo sul tenere il ruolo di CEO della propria start-up. Invece dovete pensare alla corporate governance nel suo complesso, ossia a tutto l’insieme delle regole di funzionamento e gestione della società da un punto di vista decisionale ed esecutivo.

Il vostro obbiettivo dovrebbe essere quello di mantenere il controllo, o quantomeno un’influenza significativa, a livello sia di assemblea soci sia di consiglio di amministrazione con lo strumento delle materie riservate da decidersi a maggioranza rafforzata.

Prima di iniziare le negoziazioni con l’investitore, quindi, dovete aver già individuato gli argomenti sui quali volete avete l’ultima parola. Solitamente, si tratta di:

  • aumenti di capitale;
  • distribuzione degli utili;
  • poteri del CEO;
  • operazioni straordinarie (fusioni, scissioni, compravendita di rami d’azienda).

 

  1. Exit strategy

L’investitore sarà il primo a parlare di exit strategy. Della propria exit strategy. Prevedendo le finestre temporali di uscita e le formule di calcolo del prezzo.

Ma anche lo startupper deve avere una exit strategy. Anche voi dovete avere la possibilità di svincolarvi dall’investitore o addirittura dalla vostra start-up perché avete una nuova idea, migliore, da implementare.

E, soprattutto, dovete comprendere le implicazioni delle clausole di uscita proposte dall’investitore.

Gli strumenti più tipicamente usati sono:

  • diritto di prelazione (pre-emption right): il diritto di essere preferiti a parità di condizioni;
  • opzione di acquisto (call option): diritto di acquistare la quota dell’altro socio;
  • opzione di vendita (put option): diritto di vendere la propria quota a un altro socio;
  • diritto di co-vendita tag-along right): permette al socio di vendere la propria quota insieme all’altro socio che ha già ricevuto un’offerta da un potenziale acquirente alle stesse condizioni;
  • obbligo di co-vendita o diritto di trascinamento (drag-along right): il socio che abbia trovato un potenziale acquirente per l’intero capitale sociale ha il diritto di obbligare l’altro socio a vendere alle medesime condizioni.

Ognuna di esse possiede peculiarità e conseguenze che devono essere valutate alla luce del caso concreto.

 

  1. Scegliete l’investitore

Può sembrare controintuitivo ma, sebbene l’investitore apporti essenzialmente denaro (un bene fungibile), gli investitori stessi non sono intercambiabili tra loro. Infatti, un investitore, a prescindere dalla tipologia (VC, business angels, fondo) è qualcosa di più di un semplice fornitore di denaro. Offre esperienza, dà consigli, interviene nella gestione.

Quindi non basatevi solo sugli importi che è disposto a mettere sul piatto. Cercate piuttosto di capire se concorda con il vostro piano di sviluppo, se condivide il vostro approccio al mercato, se approva tutto il team.

Dovrete convivere con l’investitore ed è meglio uno che fornisce meno denaro ma è più in sintonia con la vostra visione della start-up rispetto a un investitore disposto a investire più soldi ma lontano dal vostro modo di implementare il progetto.

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