a cura dell’avv. Marco Bellezza dello studio legale Portolano Cavallo
Il Fintech rappresenta senza dubbio uno dei trend tecnologici più interessanti degli ultimi anni. La possibilità di offrire nuovi prodotti/servizi o di rinnovare le modalità di erogazione di servizi tradizionalmente offerti da istituzioni bancarie e finanziarie ha reso appetibili per un numero sempre più vasto di utenti servizi prima appannaggio di “esperti” nel mondo bancario e finanziario.
Nella fase attuale si propongono sulla scena Fintech gli operatori tradizionali del mondo bancario e finanziario impegnati a rinnovare i servizi offerti alla clientela, le startup che da un lato, lavorano sinergicamente con operatori tradizionali nell’opera di rinnovamento dei servizi in corso e, dall’altro sviluppano in autonomia nuovi servizi (pensiamo al social lending ad esempio) con sullo sfondo gli OTT (Google, Facebook, Apple, Amazon, etc.) che anche in virtù delle modifiche regolamentari in atto (tra tutti la Direttiva PSD2) puntano a fare la parte del leone in mercati presidiati da operatori bancari e finanziari, come ad esempio quello dei servizi di pagamento.
Lo scenario così sommariamente tratteggiato presenta degli elementi di significativa somiglianza con quanto da anni avviene nel mondo dei media e dell’audiovisivo nel quale vediamo confrontarsi e di sovente scontrarsi broadcaster/editori e gli OTT. Il terreno dello scontro è di natura commerciale ma ha anche dei rilevanti riflessi regolamentari da considerare con attenzione. Come gli operatori bancari e finanziari anche i broadcaster/editori sono soggetti a stringenti vincoli di natura regolamentare (imposti per la tutela di primari interessi pubblici). Vincoli che mal si conciliano con la necessità di competere nell’era della convergenza con gli operatori del mondo internet che, per la natura delle attività svolte, sono soggetti regole meno stringenti. Così con la strategia europea sul mercato unico digitale lanciata dalla Commissione europea negli ultimi anni si sta cercando, non senza difficoltà, di creare quel level playing field da più parti invocato per mettere fine allo scontro in atto o, quantomeno per attenuarne gli effetti deleteri, in ultima analisi, per i consumatori.
Nel mondo Fintech il dibattito sulle regole del gioco non ha ancora raggiunto, quantomeno a livello europeo, un grado di maturità assimilabile a quanto sta avvenendo nel mondo dei media ma all’orizzonte appaiono indici di un possibile scontro cui assisteremo in un futuro ormai prossimo.
E allora l’alternativa appare duplice: accettare lo scontro tra operatori tradizionali, startup Fintech e OTT come inevitabile o provare, anche alla luce dell’esperienza sopra sommariamente tratteggiata, ad elaborare percorsi alternativi che possano prevenire lo scontro o, auspicabilmente, favorire un incontro tra i vari operatori del mercato.
In questa seconda direzione appaiono di particolare interesse talune proposte formulate dalla Federazione bancaria europea (EBF – European Banking Federation) nel paper “Innovate. Collaborate. Deploy. The EBF vision for banking in the Digital Single Market” [http://www.ebf-fbe.eu/wp-content/uploads/2016/11/EBF-vision-for-banking-in-the-Digital-Single-Market-October-2016.pdf] presentato alla Commissione europea nell’ambito delle consultazioni sul Digital Single Market.
Verso un regulatory sandbox europeo?
Nel paper che affronta 9 temi strategici per la regolamentazione del settore, EBF riconosce come nei prossimi anni la cooperazione tra startup Fintech e operatori bancari e finanziari si farà sempre più stretta e come le barriere regolamentari possono rappresentare un ostacolo all’innovazione nel settore.
Per rispondere a tale criticità una delle proposte qualificanti del paper è rappresentata dalla realizzazione di un framework regolamentare europeo per la sperimentazione (EU framework for experimentation) che consenta ad operatori tradizionali e a startup Fintech di sperimentare nuovi prodotti o servizi senza essere sottoposti alla regolamentazione stringente attualmente in vigore. In sostanza, facendo tesoro di quanto già sviluppato anche in alcune realtà europee (il riferimento è in particolare al regulatory sandbox lanciato dalla FCA inglese [https://www.fca.org.uk/firms/fintech-and-innovative-businesses]) EBF propone di creare un framework regolamentare armonizzato a livello UE che sia flessibile e in qualche modo concordato con le autorità di regolazione per consentire la sperimentazione di soluzioni innovative.
Per realizzare tale iniziativa EBF propone alla Commissione Europea di adottare un processo in tre tappe: anzitutto procedere con la realizzazione di un documento di lavoro che sintetizzi le principali caratteristiche del processo e i benefici per operatori e consumatori derivanti dalla realizzazione dello stesso; poi occorrerebbe condividere con le autorità nazionali di regolazione un approccio comune valorizzando anche le migliori pratiche realizzate nei singoli Paesi europei e, quindi, realizzare uno strumento regolatorio armonizzato applicabile in tutti i Paesi dell’Unione.
In termini operativi EBF propone di costruire un framework di regole semplificato cui sia consentito l’accesso a progetti che si dimostrino misurabili quanto agli obiettivi conseguiti, delimitati nel tempo e attenti ai profili di risk-assessment in particolare con riferimento al trattamento dei dati personali dei consumatori.
Considerazioni conclusive
La proposta formulata da EBF rappresenta un primo tentativo organico di addivenire a una regolamentazione europea del fenomeno che sappia valorizzare l’innovazione senza tuttavia, trascurare le necessarie salvaguardie per risparmiatori e consumatori.
Il processo ideato appare idoneo a risolvere o quantomeno ad attenuare il potenziale conflitto cui si è fatto cenno in precedenza creando un campo da gioco comune al quale tutti gli operatori interessati possano accedere in condizioni di tendenziale parità. Tale proposta appare, inoltre, di particolare interesse per la sede europea prescelta nella consapevolezza che solo un intervento del legislatore europeo possa superare le disarmonie insite in ogni tentativo nazionale di regolazione del fenomeno.
Negli ultimi mesi dell’anno appena trascorso abbiamo assistito anche nel nostro Paese a tentativi di regolamentazione di particolari aspetti del mondo Fintech (il riferimento è in particolare al provvedimento sul social lending emanato a novembre da Banca d’Italia [http://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/normativa/archivio-norme/disposizioni/raccolta-risparmio-soggetti-diversi/disposizioni.pdf] che seppur assolutamente apprezzabile nei contenuti sconta i limiti di una regolamentazione nazionale e disorganica in un ambito come quello Fintech che è per sua natura globale e che necessita di un approccio il quanto più organico possibile per la sua regolamentazione.