Rivoluzione inglese. Distribuzione in affanno?

Entro il 2012 in Inghilterra saranno abolite tutte le retrocessioni degli asset manager alle reti di distribuzione. Secondo Matteo Astolfi, sales director per l’Italia di M&G Investments, questa sarà la strada da prendere anche in Italia. Ma sarà necessaria una rivoluzione culturale che dovrà interessare consulenti, promotori e investitori.

 
Qual è la principale differenza tra l’industria italiana e quella inglese?
In Italia il mercato del risparmio gestito è dominato dalle banche, mentre i promotori finanziari hanno una quota di mercato ridotta. In Inghilterra lo scenario è esattamente l’opposto. Non solo. Affianco ai cosiddetti financial planners stanno prendendo piede anche le piattaforme web. Ma la novità più importante arriverà nei prossimi tre o quattro anni.
 
A cosa si riferisce?
Mi riferisco all’iniziativa della FSA (la Consob inglese, ndr) che già dal 2006 ha avviato la cosiddetta retail distribution review (RDR). 
Si tratta di un’iniziativa che prevede entro la fine del 2012 l’eliminazione di qualsiasi retrocessione dall’asset management ai distributori, e rappresenta una rivoluzione dal momento che finora il mercato del risparmio gestito ha vissuto con la divisione dei ricavi dei fondi a metà tra distributori e asset manager. Se verrà meno questo sistema i distributori dovranno trovare fondi di remunerazione alternative e quindi valutare con più attenzione una eventuale commissione di consulenza.
 
E voi come vi state attrezzando a riguardo?
Stiamo cercando di valutare quali sono i vari modelli di consulenza oggi presenti sul mercato. 
I tempi non sono ancora maturi per prendere una posizione ma di certo, dal 2013, ci troveremo di fronte a un mercato che premierà i prodotti di qualità, dal momento che i consulenti e i promotori collocheranno gli strumenti che performano meglio.
 
Ma sarà un modello che secondo lei potrà arrivare anche in Italia?
Il mercato è sempre più globale. Credo che alla fine sarà giocoforza che anche l’Italia si muova verso quella direzione. Ma questo, come l’avvento della consulenza fee-only, è un processo culturale e può anche richiedere decenni. 
Deve cambiare la cultura dei consulenti, dei promotori e degli investitori. 
Personalmente credo che sia importante porre l’accento su due aspetti: l’orizzonte temporale e l’educazione finanziaria. 
L’orizzonte temporale è troppo poco tenuto in considerazione in Italia. 
Si rivedono troppo frequentemente gli obiettivi. 
E l’educazione finanziaria dell’investitore italiano è mediamente più bassa rispetto a quella di altri paesi europei. Su questi due punti si deve intervenire subito, anche nelle scuole.
 
Tornando alla crisi attuale. La vostra società l’anno scorso ha retto bene? 
L’anno scorso a livello di gruppo abbiamo registrato quasi 4 miliardi di euro di raccolta netta positiva in Europa, grazie anche, e soprattutto, alle performance dei fondi. Avere ottimi prodotti sul fronte obbligazionario ci ha aiutato molto. 
Inoltre con i nostri distributori abbiamo dei veri e propri rapporti di partnership. Tutto questo ha permesso a M&G di essere una delle poche realtà a poter vantare risultati positivi di raccolta.
 
E per il 2009? 
Negli ultimi anni, in Italia, avevamo spinto sulla gamma azionaria, l’obiettivo per il 2009 sarà quello di far conoscere al pubblico e agli investitori istituzionali italiani anche la nostra gamma fixed income, che in Inghilterra ha permesso di ottenere importanti successi. 

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