Risparmio gestito – I rischi europei e americani

I timori di implosione dei mercati, aggravati nell’ultimo trimestre del 2008 dal fallimento di Lehman Brothers, si sono attenuati nelle ultime settimane: la volatilità di mercato, come testimoniato dall’andamento dell’indice VIX, dopo aver toccato una punta superiore al 80%, si attesta oggi su valori prossimi al 30%;

L’interrogativo attuale riguarda l’evoluzione della crisi. Il confronto con gli altri tre principali ‘mercati orso’ dell’ultimo secolo evidenziano l’intensità, anche in prospettiva storica, del movimento attuale e tuttavia la sua durata ancora relativamente limitata (20 mesi), che trova un precedente nello choc petrolifero del 1973. La continuazione del trend rialzista delle ultime settimane, o per converso il suo esaurimento e la prosecuzione del bear market iniziato due anni fa, sarà strettamente legata alle seguenti variabili, il cui impatto è ancora in via di definizione:

Nonostante l’impennata della base monetaria favorita dall’azione delle Banche Centrali globali, l’impatto sui principali aggregati monetari è ancora molto limitato, a causa del mancato effetto moltiplicatore normalmente assicurato dalle Banche Commerciali. L’eccezione riguarda la Cina;

Per quanto concerne lo stadio del ciclo economico, tutte le economie rimangono al di sotto del proprio livello di crescita potenziale. Le tensioni sul mercato del credito, nonostante il raffreddamento intervenuto negli ultimi mesi, permangono. Tuttavia i minimi, da un punto di vista strettamente macroeconomico, sembrano essere stati toccati in marzo e, già da qualche mese, ricominciano ad esserci differenze relativamente al grado di reattività delle diverse economie. Gli esempi più positivi in tal senso sono rappresentati da Cina e altri Paesi asiatici (escluso il Giappone)

Il commercio internazionale è quindi ancora in crisi; negative sono anche le previsioni relative al dato del secondo semestre. La variazione dei volumi di scambio rispetto all’anno precedente ormai si attesta sul -15/-20%. La crescita globale del PIL, già molto limitata nel 2008, toccherà il proprio minimo nell’anno in corso (contrazione compresa nei Paesi sviluppati, fra il -2 e il -6%); le principali economie dovrebbero tornare in territorio positivo nel 2010, anche se la crescita sarà piuttosto debole (< 1%). Quanto alle economie emergenti, pur presentando dati notevolmente migliori, continueranno a risentire della crisi in corso (nessun processo di decoupling in vista)

L’effetto dei prezzi del petrolio, una delle principali componenti alla base del crollo di fiducia dei consumatori in atto dal 2007, sta finalmente sortendo l’effetto inverso: i prezzi attuali più bassi trasferiscono ai consumatori circa 1.500 miliardi di dollari in termini di potere d’acquisto, portando i primi benefici all’indicatore di fiducia, in risalita nelle ultime settimane (anche se ancora su livelli storicamente bassi). La risalita del tasso di disoccupazione è l’elemento più preoccupante, in quanto un’inversione di tendenza non dovrebbe giungere prima del secondo semestre 2011: questo fattore continuerà naturalmente a deprimere i consumi globali. Per contro, la contrazione della produzione industriale dovrebbe aver toccato il punto di minimo, ci attendiamo un recupero nel secondo semestre, come testimoniato in Europa dall’indice anticipatore ZEW

In conclusione, il quadro macroeconomico rimane ancora contrastato. Sulla base delle variabili sopra menzionate assegniamo le seguenti probabilità ai vari scenari:

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