La Cina funge da traino per le economie emergenti

Le iniezioni di liquidità nelle economie industrializzate non dovrebbero portare ad un ritorno dell’inflazione. La visione di Carmignac Gestion è, quindi, a favore di uno scenario di ripresa non inflazionistica. Il recupero dei mercati tra marzo e maggio ha pochi precedenti e pone il dubbio sul fatto che i mercati azionari non siano troppo in vantaggio rispetto all’economia.

Il mondo azionario, infatti, continua ad offrire opportunità. Oggi le società americane sono valutate 16,3 volte i loro utili medi degli ultimi 10 anni, ovvero la loro valutazione

media degli ultimi 20 anni. Pertanto sarebbero valutate al loro giusto prezzo in dati storici, sebbene il peggioramento delle prospettive dell’economia americana possa giustificare un rapporto prezzo/utili più basso. Le società emergenti e di materie prime, invece, vedono le stime dei propri utili per quest’anno valutate del 20% in meno rispetto alla totalità dei titoli inclusi nell’indice delle Borse dei Paesi sviluppati.

Le condizioni di miglioramento del tenore di vita nei Paesi emergenti resta al centro dell’attenzione, con prospettive di recupero molto più interessanti per queste economie, rispetto agli Stati più avanzati. La sovra-performance dei mercati emergenti rispetto ai mercati sviluppati, avviata alla fine del 2008, ha subito  un’accelerazione nel secondo trimestre. Il divario è aumentato, soprattutto grazie alla diminuzione globale dell’avversione al rischio.

Tale tendenza è certamente collegata alla dinamica positiva registrata dalla Cina negli ultimi 6 mesi. Soprattutto per quanto riguarda le materie prime, la Cina esercita un impatto non trascurabile. Tenuto conto dell’attuale indebolimento dei Paesi industrializzati, attualmente l’economia cinese sembra detenere circa il 40%, se non oltre, della domanda mondiale di commodities. La crescita di tutto il mondo emergente comporta, come risultati, un sostegno più cospicuo del previsto della domanda a breve e medio termine ed il rafforzamento del rischio di una vera e propria carenza dell’offerta di certe materie prime a lungo termine. Considerando la continua riduzione dell’offerta, questa dinamica costituisce indubbiamente un fattore strutturale per  gli investimenti nelle società produttrici di materie prime.

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