Fondi comuni – Bnp Paribas Islamic

Con una crescita del 15 per cento annuo, ed un giro d’affari pari all’1 per cento del mercato finanziario globale (750 miliardi di dollari in asset), la finanza islamica, ovvero conforme alla Sharia, è ormai diventata una realtà importante in numerosi paesi. In forte contrasto con i principi base che hanno permesso lo sviluppo economico del mondo occidentale, la Sharia vieta la richiesta di interessi, obbliga ad una partecipazione dei rischi e dei profitti tra creditore e debitore, e richiede che le transazioni finanziarie si fondino su di un attivo reale, una caratteristica che esclude quindi l’utilizzo di prodotti derivati, l’elemento che, a fronte della recente crisi finanziaria, ha tutelato e consacrato definitivamente, sulla scena economica internazionale, il ruolo della finanza islamica.

L’industria è nata negli anni settanta in Medio Oriente e le stime di crescita parlano di un giro d’affari compreso tra i 1.800 ed 2.800 miliardi di dollari nel 2015, un dato che va letto alla luce della popolazione dei paesi islamici, quasi 1,5 miliardi, dei 30 miliardi di dollari di emissioni di sukuk, le obbligazioni islamiche, nel solo 2007 e dei 500 i fondi di investimento che attualmente rispettano la Sharia.

Investire rispettando la legge del corano non rappresenta unicamente una scelta religiosa, ma anche la possibilità di accedere a settori di mercato non aperti al mondo occidentale, basti pensare che in nazioni quali Iran, Pakistan e Sudan, il settore finanziario è completamente conforme alla Sharia, mentre in nazioni più aperte come quelle del golfo persico e la Malesia, la percentuale del sistema finanziario, che segue la legge islamica, si attesta rispettivamente al 9 ed al 7 per cento.

In Italia il pubblico retail, per investire secondo le regole del corano, ha a disposizione un unico prodotto, il Bnp Paribas Islamic, che opta per un approccio conservativo, puntando su aziende di nazioni con un’economia aperta.

Il Bnp Paribas Islamic cerca di raggiungere una crescita del capitale nel medio e lungo termine, investendo principalmente in 30 azioni selezionate dai titoli componenti il Dow Jones Islamic Market Titans 100 index, il parametro di riferimento, costituito da 100 società a larga capitalizzazione, la cui attività è conforme alla Sharia. Le 30 società hanno lo stesso peso nel portafoglio e vengono scelte tra quelle che hanno distribuito i dividendi più elevati nell’anno precedente, escludendo quelle con un rapporto debito/capitalizzazione di mercato, superiore o uguale al 33 per cento.

Dall’agosto 2006 il rendimento del fondo (1,27%) è stato costantemente superiore a quello del benchmark (-3,33%), sia nelle fasi di rialzo che in quelle di ribasso dei mercati, e da inizio anno la performance conferma la creazione di un leggero extra rendimento (11,04%, vs. 10,64%).

A dimostrazione dell’approccio conservativo del Bnp Paribas Islamic, tra le aree geografiche dove investe il comparto, il primo posto è riservato agli Stati Uniti (34,95%), seguiti da Francia (14,5%), Cina (8,22%), Regno Unito (6,8%), Australia (5,58%), Giappone (5,57%) e Taiwan (4,35%). 
I settori maggiormente rappresentati sono il sanitario (26,17%), l’energetico (20,28%), le telecomunicazioni (14,23%), il tecnologico (10,57%), l’industriale (6,8%) ed il chimico (6,28%), mentre tra i titoli troviamo Taiwan Semiconductor (4,34%), Cnooc (4,12%), Bristol Myers (4,1%), China Mobile (4,08%), Singapore Telecommunications (4,01%), Schneider Electric (3,82%), Home Depot (3,78%), Basf (3,67%), Sanofi Aventis (3,67%), Ericsson (3,63%).   

Il fondo ha il merito di aver aumentato la completezza del risparmio gestito, permettendo di investire in un nuovo segmento che, qualora saranno confermati le stime di crescita della finanza islamica, vedrà il lancio di numerosi prodotti nei prossimi anni. Il Bnp Paribas Islamic è rivolto a coloro che dispongono di un elevato approccio al rischio ed un orizzonte temporale di lungo termine, come si conviene agli investimenti azionari.
 

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