Il Dragone teme l’inflazione

di Matteo Chiamenti

Cina, un paese che, fino a qualche decennio fa, assomigliava a un distributore automatico di vite spezzate; valanghe di persone trasportavano malinconiche la loro anima da una sponda all’altra degli oceani, in cerca di una fortuna la cui sola ombra si faceva speranza di un’intera esistenza. Ora il mondo è cambiato.
Parlando di Cina oggi, e più in generale di Asia, verrebbe da ragionar bene sull’idea di emigrare verso oriente. Altro che professionisti dismessi in cerca di apprezzamenti dalla ricca Italia; se qui ci troviamo con crescita zero, lì abbiamo un incremento del Pil che punta, già dal 2010, alla doppia cifra, se da noi regna il “vorrei ma non posso, e nell’attesa faccio un passo indietro”, in Cina troviamo stimoli economici poderosi su tutti i fronti.
Se in Italia non ci si vuole esporre troppo, il dragone sforna infrastrutture mastodontiche come se piovesse.

È vero, la crisi si è fatta sentire ovunque, area asiatica compresa; ma se questo ha significato la paralisi finanziaria nella maggior parte dei casi (per la verità la liquidità del sistema bancario ormai è un dato acquisito, ma sembra che ritornare a erogare credito non faccia comodo ai colletti bianchi, che se la godono placidi con il parafulmine della scusa crisi), Pechino ha invece saputo reagire con colossale determinazione, come ci racconta Paul Chan, direttore degli investimenti di Invesco Hong Kong: “La risposta dell’economia asiatica è stata pronta, imponente ed efficace. Se prendiamo in considerazione il paese leader dell’area, la Cina, ci si è concentrati prontamente sui fondamentali economici, e conseguentemente sulla popolazione; sono stati lanciati incentivi al consumo su più fronti, stimoli fiscali sostanziosi, ed è ripartito con slancio imponente il mercato del credito (nel 2009 è andato incrementando del 30% rispetto all’anno precedente). In aggiunta a ciò va detto che la struttura del bilancio statale è molto meno dipendente dal debito, aspetto invece sovrastante nella realtà americana (là si parla di un 10% del Pil)”.
Insomma, malgrado tutto, il dragone è risorto.

L’unica incognita, che potrebbe andare a incidere sui termini della ripresa, più che sulla sua verifica, si chiama inflazione. “Con le esportazioni che sono andate calando, è chiaro che il paese ha puntato tutto sul consumo interno” continua Chan. “Nei primi anni ‘90, in seguito alle difficoltà del mercato, la Cina aveva subito un forte impatto inflazionistico, cosa che aveva rallentato i piani di sviluppo; ora però lo scenario è differente, siamo sì di fronte ai primi accenni di inflazione, ma si tratta di quella stagionale più che strutturale e, in quanto tale, ritengo che i timori debbano essere limitati, anche se bisogna ancora valutare appieno l’impatto del leverage sui mercati”.
L’articolo completo lo puoi trovare su Soldi,
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