L’ottimismo è una merce rara. Fa bene solo al mondo corporate

di Paolo Brambilla

Improvvisamente, dopo che per settimane su queste pagine abbiamo attirato l’attenzione dei lettori sulla debolezza dell’economia in generale, e delle emissioni governative in particolare, giovedì scorso se ne sono accorte anche tutte le borse internazionali. Il Dow Jones Industrial Average è precipitato sotto la barriera psicologica dei 10.000 punti, scendendo ai livelli di aprile 2009. Il Nasdaq Composite non è mai stato così basso negli ultimi tre mesi. La domanda che giustamente si pone Peter McKay di MarketWatch è: “Qual era il motivo per il quale tenevo titoli governativi nel mio portafoglio? Non dovevano essere a bassissimo rischio, per cui accettavo una remunerazione inferiore?”. Da un punto di vista squisitamente tecnico il costo di “assicurare” un investimento in titoli di Stato governativi dell’Eurozona è ulteriormente peggiorato, vanificando in parte anche le buone intenzioni della Commissione Europea di salvare le situazioni come quella del governo greco o come quelle che si presenteranno presto per i PIIGS in generale (ne fa parte anche l’Italia), e per i governi portoghese e spagnolo in particolare. Il che non farà certo bene all’euro nelle prossime settimane. Il presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet si è dichiarato ottimista per quanto riguarda una lieve ripresa dell’economia in Europa, e anzi sostiene che l’inflazione resterà moderata. In tempi in cui il peggior pericolo potrebbe essere quello di incappare in una pericolosa deflazione, non sembra poi così saggio essere ottimisti. La Banca d’Inghilterra nel frattempo ha deciso di non prolungare il programma di sostegno all’economia tramite l’acquisto dei bonds, che aveva avviato nell’ultimo anno, poiché ritiene che la crisi sia ormai superata. Avanti con l’ottimismo, ce n’è per tutti. Di questa incertezza possono però beneficiare le emissioni dei prestiti corporate, perché meglio possono remunerare gli investimenti di chi accetta piccoli margini di rischio. Infatti questa settimana si presenta densa di offerte come non mai, e quindi ci limiteremo a commentare solo le emissioni più significative. Anche in Italia ad esempio Telecom Italia ha piazzato un bond benchmark da 1,25 miliardi a 99,295. La scadenza è il 10 febbraio 2011, la cedola il 5,25%, il rating Baa2 da Moody’ s e BBB da Standard & Poor’s. Altri interessanti prestiti in euro sono in arrivo: partiamo dallo zero coupon della BEI (European Investment Bank) emesso a 18,374 con scadenza 2040, rendimento 5,81%, ovviamente rating massimo, tripla A. Poi citiamo la Generalitat de Catalunya, che offre il 5,01% con scadenza 2020 e rating Aa2. Ma su scadenze brevi la parte del leone la fanno altre valute, le solite lire turche, i dollari australiani, i real brasiliani. Sì, bisogna tener conto come sempre del rischio cambio, ma in questi momenti sembrerebbe il rischio minore.
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