Risparmio gestito – Focus su Euro e agenzie di rating

Lunedì  17 maggio, i ministri finanziari degli euro stati hanno iniziato a discutere della proposta di riforma del patto di stabilità e valutare le misure annunciate da Spagna e Portogallo. Il parametro del debito, fissato nei trattati al 60%, ma di fatto in previsione per la media dell’Eurozona all’88.5% nel 2011, sarà un tema centrale. Il presidente della commissione UE Barroso lo scorso mercoledì ha espressamente dichiarato che non si può avere l’unione monetaria senza avere l’unione economica e che se i governi non si sentono di perseguirla sarebbe meglio dimenticare la moneta unica. Tra le varie proposte avanzate vi è la punizione tramite una cauzione per paesi con debito superiore al 100% (oggi Grecia, Italia e Belgio) se il calo del debito non sarà allineato a un benchmark da definire. Un altro punto caldo è il rafforzamento di sorveglianza e coordinamento dell’Unione sulle politiche di bilancio nazionali, che dovrebbero essere sottoposte all’approvazione di Bruxelles nella prima parte di ogni anno e quindi fornire la guida per la preparazione delle finanziarie nazionali. La Germania, che l’anno scorso ha incorporato nella sua costituzione una legge “frenadebito” che dal 2016 fissa allo 0.35% e dal 2020 a zero il massimo deficit consentito al governo federale, spinge per un comportamento analogo degli altri paesi dell’Eurozona e ha già riscosso commenti favorevoli dall’Austria.

Oltre al pacchetto che discusso nella notte di lunedì, un elemento di rilievo delle iniziative prese per salvare l’euro e che evidenzia un sostanziale cambiamento di atteggiamento, è la manovra della BCE che, abbandonando l’impostazione finora avuta, si è (forzatamente) dichiarata pronta ad intervenire sul mercato comprando titoli (quantitative easing) e tollerando una possibile maggior inflazione che contribuirebbe a calmierare le pressioni del debito e le differenze tra nord e sud Europa. Sia che la BCE monetizzi il debito pubblico stampando nuova moneta, sia, come dichiarato anche per cercare di evitare stimoli inflazionistici, che “sterilizzi” gli acquisti di debito dei paesi più in difficoltà ritirando liquidità dalle economie più forti (penalizzandone quindi la crescita), gli effetti vanno nella direzione di indebolire l’euro.

Venerdì scorso sono anche venuti al pettine i nodi dimenticati della possibile collusione tra le tre più importanti agenzie di rating (Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch) con le banche d’affari. Il procuratore generale di New York ha infatti comunicato l’inizio di un’ indagine volta a stabilire se Goldman Sachs, UBS, Citigroup, Credit Suisse, Deutsche Bank, Credit Agricole e BOA/Merryl Lynch abbiano influenzato (dando false informazioni) le agenzie di rating che hanno dato il massimo rating alle obbligazioni spazzatura da loro collocate, abbassandolo poi solo dopo che la bolla era esplosa.

È interessante notare il timing dell’annuncio di questa  indagine: questa settimana il senato USA dovrebbe approvare la proposta di riforma sulla regolamentazione del sistema finanziario. Parallelamente vedremo anche se la proposta di regolamentazione dell’industria degli Hedge Funds e Private Equity portata avanti da Germania e Francia, in contrasto con la Gran Bretagna – nella cui economia questa industria svolge un ruolo primario – verrà approvata dai ministri finanziari europei. L’80% delle transazioni in derivati trattati al di fuori dei mercati regolamentati (Over-the-Counter) – stimati in 600 trilioni di dollari all’anno -  sono generate in Europa e Stati Uniti, in questo senso è fondamentale una coordinazione delle regolamentazioni euro-americane. La proposta del Commissario europeo sui servizi finanziari Michel Barnier prevede il rilascio di un “passaporto europeo” cui sarebbero assoggettati tutti gli operatori stranieri di Hedge Funds per operare in Europa che eviterebbe la richiesta di 27 visti, uno per ogni paese.

La scorsa settimana, nella consapevolezza che i problemi dell’Eurozona si trascineranno ancora per un po’, abbiamo alleggerito tatticamente il peso azionario in Europa e continuato il travaso dalle obbligazioni statali euro a quelle corporate in USD e di altri paesi non euro. La debolezza dell’euro potrà  infatti continuare favorendo valute come l’USD i cui problemi, comunque di rilievo, non sono ancora sotto i riflettori dell’attenzione internazionale.

In settimana usciranno dati importanti, oltre che sull’inflazione soprattutto sulla confidenza dei consumatori europei e giapponesi e degli investitori tedeschi e sul business sentiment in Germania e Stati Uniti.

Mentre l’inflazione non desta particolari preoccupazioni: dopo il calo per la prima volta in 20 anni registrato in Spagna, vi sono ancora timori in senso opposto , ossia deflattivi ; il business sentiment è da monitorare con attenzione, finora i segnali di incremento dell’attività economica sono stati positivi ma risulterà fondamentale nei prossimi mesi verificare se l’aumento di attività delle imprese derivante dalla ricostituzione delle scorte e dagli ordini promossi dai pacchetti di salvataggio degli stati verrà confermato anche da una ripresa della domanda finale dei consumatori.  

Il quadro di fondo è ancora positivo per l’equity con forti differenze regionali (anche scorsa settimana le borse Europee hanno perso il doppio di quella Statunitense), le incertezze euro-politiche continueranno però a pesare a breve sui mercati.

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