Risparmio gestito – Sei l’anello debole, addio

In genere non seguo con attenzione gran parte dei giochi televisivi, intellettualmente uno più sclerosante dell’altro. Tuttavia, chi non ha mai sentito parlare della trasmissione “Anello Debole”? Proviamo ad immaginarne la seguente trasposizione: un gioco che inizia con sedici giocatori i quali hanno poco in comune a parte una moneta unica. Lo scopo consiste nel prosperare tutti, ma ciascuno indipendentemente, senza fare concessioni, a volte persino a discapito dei propri compagni di gioco. Ovviamente, all’inizio la tentazione per i concorrenti migliori di eliminare gli anelli deboli è forte, ma come si sa, in questo gioco l’unione dei deboli può portare all’eliminazione precoce dell’anello forte! Capite già dove voglio arrivare, ma riprendiamo più seriamente la storia di questo disastro.

Certo, la Grecia ha le sue colpe. Perché non ha fatto alcuno sforzo per adottare riforme strutturali volte a migliorare la competitività del paese in un contesto sempre più globalizzato. Perché ha imbrogliato sullo stato delle finanze pubbliche (ma sarà poi la sola?). Tuttavia, il caso della Grecia costituisce un sintomo prima di essere un’ulteriore fonte di crisi. È la punta dell’iceberg. L’Europa, e in particolare la zona Euro, si è sviluppata rapidamente, indubbiamente troppo rapidamente. Senza alcuna contropartita, paesi che fino a poco tempo fa facevano parte dell’area emergente sono entrati in uno spazio economico che ha aperto loro le proprie immense casse, concedendo credito senza pretendere l’adozione di misure politiche e fiscali credibili sul lungo termine. Ciò che si poteva fare in sei, ai tempi della guerra fredda e con la Comunità europea del carbone e dell’acciaio non si può più fare oggi con un’Europa a 27 e una zona Euro a 16. Dopo lungo tergiversare, l’Unione Europea, con l’aiuto del Fondo monetario internazionale, ha partorito un piano di salvataggio della Grecia distribuito su tre anni (che ancora deve essere ratificato da numerosi paesi, il che prospetta un difficile esercizio di stile per la signora Merkel), accompagnato da vincoli stringenti per riportare le finanze pubbliche in linea con i famosi criteri di Maastricht. Le domande che sorgono spontanee sono quattro: questo piano è credibile? I greci lo accetteranno nella forma attuale? È sufficiente per evitare il rischio di contagio al resto dell’Europa? Quali sono le conseguenze per noi, a livello di asset allocation? 

Il piano, se attuato nella forma prevista, permetterà alla Grecia di rifinanziarsi per tre anni ad un tasso del 5%, senza dover ricorrere ai mercati del credito per due anni e i conti pubblici saranno controllati con frequenza trimestrale dai revisori del Fmi, come previsto dai piani di salvataggio adottati in passato per alcuni paesi emergenti. In compenso, i rischi a livello sociale sono elevati. Le misure da prendere costringeranno il popolo greco a tirare la cinghia, ma di tre buchi in una volta, il che renderà la respirazione difficile. Ridurre di 11 punti il deficit di bilancio in poco più di 4 anni può solo condurre alla miseria economica. Al taglio della spesa pubblica si accompagnerà inevitabilmente ad una grave recessione, e di conseguenza ad una riduzione del gettito fiscale, il che significa che per ridurre il deficit di 11 punti sarà necessario tagliare la spesa di 13 o 14 punti. Non è neppure certo che in questo modo si eviti il rischio di contagio. Altri paesi presentano infatti ingenti disavanzi, coefficienti di debito elevati e un insufficiente livello di risparmio interno. La Francia non è in condizioni migliori degli altri, al contrario. Lo dimostra il fatto che neppure nella fase di crescita degli ultimi anni è stata capace di generare un avanzo primario di bilancio al lordo degli esborsi del servizio del debito, mentre la vicina Italia, benché fortemente indebitata, riporta comunque un avanzo di bilancio primario strutturale.
 
Così, la conseguenza diretta della crisi greca è la necessaria cura di austerità fiscale che dovranno applicare un buon numero di paesi europei, in quanto oltre molti dei paesi della zona Euro non dobbiamo dimenticare, alla vigilia dell’importante appuntamento alle urne nel Regno Unito, il pietoso stato delle finanze pubbliche inglesi. Questa cura di austerità comporta conseguenze di rilievo per le nostre scelte di asset allocation e di selezione dei titoli: la ripresa della crescita che inizia a manifestarsi in Europa finirà per essere frenata dalle necessarie misure di austerità fiscale, il che condurrà la Banca centrale europea a mantenere una politica monetaria più accomodante di quanto auspicato dalla stessa sino a qualche mese fa. Il contesto di abbondante liquidità resta favorevole alla componente azionaria, e in particolare ai titoli delle imprese esportatrici, che beneficeranno della domanda interna delle aree in forte crescita. Il che deporre anche a favore dell’inesorabile proseguimento di un Euro debole. I tagli della spesa pubblica possono solo indebolire la domanda interna, la quale potrà essere compensata solo parzialmente dal settore estero, attraverso una ripresa della competitività, che solo un sostanziale deprezzamento della moneta unica è in grado di assicurare a breve termine. I nostri portafogli di gestione globale hanno così trasferito parte consistente dei propri investimenti in valute diverse dall’Euro. Pertanto, come già riferito nelle nostre relazioni trimestrali di fine marzo, l’esposizione all’euro di Carmignac Patrimoine oggi si attesta al 15%. Per quanto riguarda invece Carmignac Investissement, l’intero portafoglio è esposto al dollaro e alle valute emergenti.
 
Questa crisi europea sta occultando le ultime statistiche economiche pubblicate, che confermano la ripresa di una crescita sincrona mondiale e soprattutto quella dell’economia statunitense. Per il momento immuni al contagio proveniente dal vecchio continente, gli Stati Uniti fanno prova di uno stato di salute in netto miglioramento. Le scorte aziendali sono ridotte e gli ordinativi in aumento, i flussi di cassa e gli utili delle imprese sono elevati, il che dovrebbe favorire la ripresa degli investimenti. Pertanto, l’indice avanzato dei Direttori d’acquisto ha toccato quota 60,4 nel mese d’aprile, un livello superato solo quattro volte nel 2004. La formazione lorda del capitale fisso (trasporti esclusi) è aumentata del 4% a marzo su base mensile e del 12,5% su base annua. La disoccupazione si è stabilizzata ed voglio arrivare, ma riprendiamo più seriamente la storia di questo disastro. è ricominciata la creazione di nuovi posti di lavoro, indicazione di cui dovremmo trovare conferma nel corso dei prossimi mesi.

Al contempo, il debole aumento dei salari, la volontà delle famiglie di continuare a ridurre il livello di indebitamento, la precaria stabilizzazione del mercato immobiliare sono tutti fattori che consentono a questa ripresa di non accompagnarsi (o per lo meno non ancora ?) a segnali di ritorno dell’inflazione. Alcuni già si preoccupano delle tensioni inflazionistiche che potrebbero derivare dal rinnovato vigore dell’economia americana. Riteniamo che tali timori siano prematuri. Contemporaneamente, altri prevedono che la ripresa della crescita tenderà ad indebolirsi a partire dall’inizio dell’estate. Le due tesi sono difficilmente compatibili. In realtà, prima di alzare i tassi di riferimento, la Fed attenderà una decisa conferma della ripresa della creazione di posti di lavoro, della stabilizzazione del mercato immobiliare residenziale e del ripristino del credito. Per il momento si accontenterà di riassorbire molto gradualmente l’eccesso di liquidità dovuto alle massicce misure non convenzionali introdotte dopo il fallimento di Lehman. La situazione è pertanto favorevole al segmento azionario: una Federal Reserve che promette di mantenere i tassi a livelli estremamente bassi per un periodo prolungato e margini elevati che consentono alle aziende di dichiarare utili in forte crescita e superiori alle previsioni degli analisti. Carmignac Investissement e Carmignac Patrimoine hanno così confermato l’allocazione prossima al 20% degli investimenti in titoli azionari legati al tema della ripresa statunitense.

Il rinnovato vigore dell’economia statunitense sta contribuendo a riequilibrare la crescita mondiale, sino ad ora esclusivamente trainata dalle potenti locomotive emergenti. Non solo la crescita di queste economie si conferma, ma le loro prospettive di crescita vengono addirittura riviste al rialzo. Come scrivevamo nella relazione trimestrale di fine marzo, non si tratta più soltanto della Cina ma anche dell’India, la cui crescita potrebbe superare l’8%, o del Brasile, il cui tasso di crescita potrebbe arrivare quasi al 7%. Queste economie stanno andando fin troppo bene? È quello che sembrano sottintendere i commenti largamente ripresi dalla stampa in questi ultimi tempi. Oggi l’appetito degli investitori per questo universo è frenato da due tipi d’inquietudini: da un lato la forte crescita genera tensioni inflazionistiche che provocano un inasprimento monetario che rende il contesto di liquidità meno favorevole e comporta un rallentamento economico certo; dall’altro alcuni commentatori affermano, soprattutto riguardo la Cina, che la crescita poggia sull’espansione sfrenata del credito bancario, il che può solo condurre ad una cattiva allocazione del capitale e, più a lungo termine, ad un costoso riassorbimento degli eccessi così generati. Tali timori non sono ingiustificati, ma hanno un certo fondamento. Tuttavia, per il momento ci sembrano da un lato sopravvalutati e dall’altro già ampiamente scontati dalle valutazioni di borsa.

La Royal Bank of India, come il Banco Central do Brasil, sono istituzioni che hanno ampiamente dimostrato la propria serietà e competenza in passato. Su questo punto dobbiamo dar loro credito. In India, come in Brasile, i tassi d’interesse hanno già iniziato a salire e i mercati anticipano già ulteriori aumenti. Il Selic, il tasso di riferimento brasiliano, è infatti cresciuto di 75 punti base attestandosi al 9,40% nel corso del mese. Di conseguenza, in presenza di un’inflazione indubbiamente in rialzo ma limitata al 5,2%, l’economia brasiliana procede a pieno regime con tassi reali del 4,2%. In India è più difficile far salire i prezzi, dato che le componenti agricola ed alimentare hanno sempre avuto un peso importante nell’economia. Tuttavia, la banca centrale ha già rialzato il tasso di riferimento di 25 punti base a due riprese, sia a marzo che ad aprile.

La Cina, dal canto suo, ha adottato un approccio graduale alla stretta creditizia. Dall’inizio dell’anno la People’s Bank of China ha alzato al 17% i tassi delle riserve obbligatorie delle principali banche, pretendendo al contempo da tali istituti la massima trasparenza sui crediti concessi senza garanzie collaterali per costringerli ad accantonare riserve a copertura parziale di tali crediti. Per i privati è stato invece alzato il livello del capitale iniziale necessario per gli acquisti immobiliari, in particolare per la seconda casa. Inoltre, se non si è in grado di giustificare la residenza nella città nel corso degli ultimi anni, il mutuo può essere ora rifiutato. Per finire, il governo sta studiando la possibilità di introdurre un’imposta fondiaria che renderebbe il possesso di un appartamento vacante troppo oneroso. Vi sono pertanto motivi seri per ritenere che le autorità cinesi siano consapevoli degli eccessi che una crescita economica prossima al 12% può generare, e che dispongano dei mezzi necessari per mettere ordine in un’economia i cui fondamentali strutturali di crescita restano intatti. Tali eccessi non devono infatti far dimenticare il fatto che siamo molto lontani dalla fine del processo di urbanizzazione, industrializzazione e sviluppo delle infrastrutture. Qui anche, le scelte macroeconomiche delle autorità cinesi si sono dimostrate sinora ineccepibili. Sarebbe semplicistico da parte nostra fare la Cassandra mentre la crescita è superiore al 10% e le finanze pubbliche in un stato di salute tale da far impallidire l’Europa intera. La soluzione: la Cina rivaluterà senza dubbio la propria moneta, ma non diciamolo forte per non sembrare di volerle forzare la mano, trainando nella propria scia anche altre valute asiatiche. Ciò permetterà di attenuare i timori di pressioni inflazionistiche senza danneggiare la competitività del settore manifatturiero. In questo modo la Cina accrescerà anche il proprio potere d’acquisto e i consumi interni, riequilibrando in definitiva la crescita mondiale.

Il mese di aprile è stato largamente oscurato, e non solo dalla nube di ceneri prodotta da questo vulcano islandese dal nome impronunciabile. Naturalmente ci stiamo riferendo alla crisi greca. Su questo punto dobbiamo essere chiari: poiché i nostri portafogli non detengono emissioni di debito sovrano europee altre che tedesche, non riteniamo appropriato scommettere o speculare sul crollo dei titoli di Stato europei, di qualsiasi tipo. Concordiamo infatti con le recenti affermazioni del ministro francese dell’economia Christine Lagarde circa la necessità di porre fine alla tirannia delle agenzie di rating statunitensi, la cui sconsideratezza, quando non deriva da conflitti di interesse, confina con la piromania. Ma abbiamo dovuto far fronte anche ai timori di un marcato inasprimento monetario nelle economie emergenti, all’attacco sistematico contro Goldman Sachs e all’emergenza di un rischio di cui dovremo riparlare, ovvero quello di nuove imposte a carico delle imprese, soprattutto quelle dei settori i cui utili hanno rapidamente ricominciato ad espandersi, come lascia intuire il progetto australiano per imporre nuove tasse a carico delle società minerarie. Il susseguirsi di questi eventi offusca la realtà delle imprese, il buono stato di salute in cui versano e gli interessanti livelli di valutazione a cui sono trattati i loro titoli. Di fronte a questa bufera, fedeli al compito che ci siamo prefissi di tutelare il valore del vostro patrimonio, abbiamo temporaneamente ridotto l’esposizione dei nostri portafogli ai rischi di mercato, ma confidiamo nel ritorno di una schiarita. Per tale motivo i titoli azionari restano la nostra categoria di attivi privilegiata.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!

Tag: