Risparmio gestito – Grazie Germania

Ha ragione/ha torto? Il rigore fiscale, gli investimenti di 12 miliardi in ricerca e formazione, l’ancoraggio nella costituzione del vincolo di pareggio (Schuldenbremse) sono sani e austeri principi la cui validità è difficile da mettere in discussione relativamente a un singolo stato.

E forse ha ragione Angela, che da recenti sondaggi – nonostante la sconfitta in Renania-Westfalia – rimane comunque il capo di stato con la più elevata share di approvazione da parte dei suoi cittadini. Forse sperare in una compattazione degli stati europei, nel rinvigorimento di quegli stati lascivi e indisciplinati e nella capacità d’azione delle istituzioni europee è una perdita di tempo: bisogna agire, aprire la strada e dare il buon esempio, poco importa che le altre economie indebitatesi nel decennio passato sfruttando la forza dell’ Euro (i bassi tassi) per un consumo a giovamento tedesco, ora si trovino in un paradigma di elevati debiti, bassa crescita e scarsa competitività con prospettive che rievocano sempre più da vicino il dramma del Giappone dell’ultimo ventennio (l’indice di borsa Nikkei è oggi al 25% dei valori toccati a fine anni ’80, la crescita nominale del PIL dal 1990 è zero e il debito è passato dal 50 al 200% del PIL).

Per il resto non dobbiamo avere timori: come dice Herman Van Rompuy, Presidente del Consiglio Europeo, “il consolidamento fiscale, se graduale, può addirittura essere benefico per la crescita economica”.  Egli dice inoltre che la valutazione della performance annua di un governo europeo permetterà di controllare se un governo ha effettivamente messo in atto manovre volte ad aumentare la competitività, ponendolo, in caso negativo, sotto la pressione dei suoi peers, dell’opinione pubblica e dei mercati finanziari: “questo è un grande contributo per rafforzare la crescita economica” dice il belga. Van Rompuy sembra però più parlare come l’esponente di una piccola economia aperta (il Belgio), la cui rimessa in efficienza non ha impatti come quelli di una delle principali regioni mondiali (l’Europa). L’unico che sembra capire il rischio di questa corsa ai supertagli è il presidente francese Sarkozy il quale però, da solo, faticherà a far abbassare il capo alla dominante (economicamente) Germania.

Il problema è che la ripresa stenta a manifestarsi chiaramente anche negli States, che sono ancora la più grande economia reale e finanziaria mondiale – ricordiamoci che il tracollo greco e poi europeo è stato innescato da un attacco di speculatori US in concomitanza con un abbassamento dei ratings dalle agenzie US.

Come reagirà l’America?

Se gli US giocassero la carta – azzardatissima – di un secondo pacchetto di stimoli all’economia (il primo è agli sgoccioli e di fatto ha generato un aumento di PIL corrispondente ad esso) e la speculazione non si lanciasse su di loro (facendo male a tutti – Cina in primis) allora avremmo veramente una profonda dicotomia tra US e Europa ove le chances e la credibilità americana molto probabilmente prevarrebbero. Gli emergenti (India, Cina e Brasile in testa) rimarrebbero comunque le uniche economie con meno debiti e maggior crescita su cui puntare. La realtà non è mai bianca o nera e quindi è possibile che queste “preoccupazioni” si trasformino in parte in scenari reali.

E le valute?

L’euro è e rimarrà  in declino, lo USD ai livelli attuali, e più  ancora futuri, di indebitamento non può certo considerarsi forte, lo yen e’ una valuta asfittica.. le valute dei grandi emergenti: yuan cinese, rupia indiana, real brasiliano, rublo russo non hanno – ancora- caratteristiche e spessore per prendere il posto delle prime. Se tutti gli investitori continuassero a riversarsi sulle piccole e sane economie: Svizzera, Australia, Canada.. porterebbero le valute in bolla uccidendone l’export..

Che alternativa rimane?

Forse è questo il motivo per cui gli sguardi si stanno pericolosamente volgendo verso il metallo giallo luccicante.. in cui qualche fondo ha già iniziato a denominare il proprio NAV (es. Paulson). La settimana scorsa abbiamo approfittato dello storno per ritornare su qualche posizione azionaria nei portafogli più difensivi. Riteniamo che se il mercato supererà (forse addirittura in giornata) le prossime soglie tecniche potrà ancora guadagnare qualcosa – storicamente fine giugno è positivo per l’equity. Le fragilità e le incognite politiche dell’Europa e il mancato insediamento della ripresa ci fanno comunque “navigare a vista” mantenendo un atteggiamento cauto.

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