Il successo non è un caso

Il discorso però cambia se si pensa che gli asset stimati (237 miliardi di euro) rappresentano il 53% del patrimonio complessivo, e che vi sono 26 milioni di euro di afflussi dai fondi di diritto estero promossi dai gruppi italiani, e che nello stesso periodo i fondi di diritto italiano hanno subito perdite pari a 3 miliardi di euro. D’altra parte, se ci si concentra sul primo trimestre 2010, il contributo complessivo dei fondi di diritto estero arriva a toccare quota 11 miliardi di euro, neutralizzando i 4 miliardi di deflussi di diritto italiano; insomma, i fondi di diritto estero sembrano essere i prodotti più in vista del mercato del gestito italiano e con loro i gruppi esteri si attestano a livelli di tutto rispetto.

«Nel 2007 e 2008 l’industria del risparmio gestito italiana è stata una delle più penalizzate a livello europeo, risultando invece essere una delle più dinamiche nei periodi successivi. Un andamento della raccolta caratterizzato da una così elevata volatilità in realtà riflette due elementi: da una parte i modelli distributivi di cui ogni società di risparmio si è dotata e dall’altra gli andamenti dei mercati finanziari». E’ questo il parere di Luca Tenani, responsabile distribuzione di Schroders in Italia, che nella sua analisi va oltre e ricorda che se valutiamo i dati aggregati di raccolta società per società «notiamo che, nelle fasi in cui i mercati finanziari sono positivi e stabili a raccogliere di più sono le società di gestione appartenenti a gruppi bancari (attraverso i quali transita la maggior parte degli investimenti delle famiglie italiane), mentre quando i mercati diventano più incerti, a guidare la raccolta sono le società che si avvalgono delle reti di promozione finanziaria».

Mentre, per quanto riguarda l’attuale ripartizione tra fondi esteri e italiani, Tenani la ritiene una «classificazione ormai obsoleta: sono infatti molte le società di gestione italiane che hanno istituito, ormai da diverso tempo, fondi di diritto estero, i così detti round trip. E’ più interessante invece notare che le case estere hanno raggiunto una quota di mercato importante, circa il 20%». Quota che diventa ancor più significativa se si considera che è stata raggiunta avvalendosi in prevalenza di tre canali: quello istituzionale, quello dei promotori finanziari e quello dei private banker, con esclusione quindi del canale bancario retail.

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