Risparmio gestito – Si parla di Islam

Negli ultimi anni il mondo della finanza è stato scosso da fatti negativi e posto sotto osservazione come malato cronico, ma  qualche segnale di vitalità c’è e prende il nome di finanza islamica. Una nuova finanza, per certi versi vicina alla tanto richiesta finanzia socialmente ed eticamente orientata, che ha mosso i primi passi coi fondi sovrani, per poi affermarsi come vera e propria struttura in grado di dare sostegno alle politiche governative e offrire strumenti di investimento al di fuori dei mercati domestici.
Una finanza non basata sul debito come le finanze occidentali e di matrice anglosassone, ma su business tradizionali e che mirano soprattutto alla centralità dell’individuo, in questo caso investitore musulmano attento a considerare solo tutto ciò che è “halal”, cioè permesso in base alle leggi Coraniche.

Halaal è una parola araba che significa lecito. In occidente si riferisce principalmente al cibo preparato in modo accettabile per la legge islamica,  in arabo la parola intende tutto ciò che è permesso secondo l’Islam, in contrasto a ciò che è haram (proibito). Il concetto include pertanto il comportamento, il modo di parlare, l’abbigliamento, la condotta e le norme in materia di alimentazione.
I musulmani di differenti regioni e appartenenti a diverse comunità islamiche non sono unanimemente concordi su ciò che va considerato “halal”
Il mercato halal, che nel mondo conta su circa 1,5 miliardi di consumatori, sta acquisendo sempre più importanza, disponendo di un valore globale di più di 150 miliardi di euro. Tale mercato comprende non solo i Paesi islamici, ma soprattutto a fronte dei forti flussi migratori degli ultimi anni, le comunità islamiche all’estero, se si conta che il mercato europeo del settore ha superato i 20 miliardi di euro, con una crescita stimata del 15% annuo.
Per le imprese interessate a competere in questo settore di mercato è necessario svolgere un’attività di ricerca e sviluppo sia sui prodotti, che sul processo produttivo per soddisfare pienamente i dettami della Shariah, la legge islamica che deriva dal Corano, e del Sunnah, vale dire la vita, le azioni e gli insegnamenti del profeta Maometto.

Inoltre, è necessario sviluppare un’azione di marketing strategica ed operativa che preveda attività di comunicazione conforme alle regole e ai precetti halal, nel pieno rispetto della religione e della tradizione dei Paesi Islamici. La certificazione halal investe soprattutto le norme in materia di alimentazione. A questo campo si rivolgono i servizi resi da Ihsan che si preoccupa di certificare sia la macellazione degli animali, sia la preparazione di alimenti e bevande, in modo lecito secondo le leggi Coraniche. Per ogni musulmano infatti rappresenta un dovere conoscere questo campo della giurisprudenza islamica, comprenderla ed applicarla. Ihsan si pone come guida al musulmano praticante nella scelta di alimenti, bevande ed ogni genere di prodotti che siano da considerare leciti. I servizi resi da Ihsan sono fondamentali anche nell’ambito commerciale alle aziende produttrici e/o esportatrici alle quali, dopo attenti controlli, viene rilasciato un certificato che ne attesta la corrispondenza dei propri articoli ai precetti islamici.
Il mercato halal assume rilevante importanza durante il periodo del ramadan  e se pensiamo a  mercati come l’Italia con più di un milione di musulmani e la Francia con più di tre milioni di islamici praticanti la sensibilità al tema è maggiore. Infatti, la diffusione di nuovi supermercati dedicati ad alimenti halal è stata la risposta ad una precisa richiesta di mercato, così come lo è stata l’apertura in Francia di alcuni fast-food halal.
La grande distribuzione ha esitato a lungo non perché i prodotti halal fossero più costosi dei tradizionali, ma per il fatto di non poter garantire una certificazione halal affidabile e non per non aver  trovato sistemi di informazione in merito senza correre il rischio di essere coinvolti in dispute di carattere religioso e politico.

Giusto il tempo di fare i calcoli per accorgersi che la fetta di potenziali clienti musulmani è  stimata in circa 5 milioni di unità, ovvero quattro volte quella del comparto biologico tanto ostentato dai media. Pertanto le marche di cibo halal stanno modernizzando le strategie comunicative per uscire dalla nicchia dei cibi etnici  e grandi gruppi alimentari come Knorr, Liebig, Maggi si stanno facendo anche a seguito di recenti indagini che hanno evidenziato la volontà da parte dei clienti musulmani di essere rappresentati come consumatori moderni che associano l’halal alla cucina mediterranea o agli hamburger. Il cibo occupa una parte importante nella considerazione del concetto, ma anche l’abbigliamento o il turismo stanno mostrando segnali di cambiamento. A proposito del turismo da segnalare ad esempio il sito halaltrip.com che offre ai clienti musulmani che vogliono anche in vacanza rispettare la Sharia, le informazioni necessarie per scegliere alberghi dotati di servizi per fedeli come cibo halal, la presenza o meno di bevande alcoliche nel menù  e l’esistenza o meno di sale per preghiera o piscine per sole donne.
Il cibo, l’abbigliamento, i servizi turistici non sono temi centrali nella religione, ma rappresentano accessori. Il punto centrale rimane il rispetto di tradizioni e culture diverse e la forte spinta verso un mercato al tempo stesso globale e locale.
Questi “accessori” halal rappresentano il prodotto di una crescita sociale e culturale mescolata alla stagnazione economica dovuta a pratiche d’esclusione che le generazioni venute dall’immigrazione continuano a subire. Il consumatore halal è oggi una donna o un uomo immigrati, inseriti positivamente nel contesto dell’Occidente, per i quali essere musulmani è una caratteristica di identità, un modo per uscire dagli stereotipi dell’arabo legato alle classi popolari e pericolose.
Dai prodotti di consumo può scattare la scintilla per il cambiamento economico e sociale della classe musulmana, cosa ben diversa e difficile per i prodotti della  finanza denominata come “islamica” dove entrano in gioco altri aspetti e sfide in merito alla regolamentazione internazionale degli istituti di credito  e sulla concezione di “interesse”, oltre che sulla mancanza di formazione da parte degli operatori del mercato.
Queste iniziative rappresentano un ottimo passo per favorire l’integrazione positiva della comunità islamica nel tessuto sociale, culturale ed economico delle società occidentali. Un percorso di inclusione forte che permette un cammino più agevole verso la costruzione di società multietniche, caratterizzate da pacifica e attiva convivenza tra persone di culture, lingue e religioni diverse.

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