Titoli di qualità a prezzi stracciati. Non capitava dal lontano 1951

di Bill Miller

Nell’estate 2010, che vede quasi tutti i mercati globali in contrazione e un prevalere di pessimismo e di preoccupazioni macroeconomiche per il futuro, si sta conformando tuttavia uno di quei rari periodi durante i quali è possibile, con una certa tranquillità, adottare delle strategie a lungo termine che promettano (anche se naturalmente non li possono garantire) dei rendimenti superiori a quelli che si stanno realizzando in tutte le altre classi di asset.
La diffusa avversione all’azionario è palpabile e comprensibile. I rendimenti negativi delle azioni in un arco di ben dieci anni, sommati al fatto che si sta concludendo uno dei semestri più positivi per le obbligazioni di Stato degli ultimi 10 anni, bastano ovviamente per convincere gli investitori che le azioni non possano essere considerate un buon investimento a lungo termine. A questo punto però occorre valutare il vero senso del concetto “lungo termine”. Le obbligazioni di Stato, secondo le misurazioni – in questo caso, l’indice Barclay’s Capital Long Term Treasury Bond total return – hanno battuto le azioni se si prende come riferimento l’S&P 500 da inizio anno e intervalli di tempo di 3, 5, 10, 15 e 20 anni. In un arco di tempo di 25 anni le due classi di investimento sono pari. È possibile evitare il colpo di grazia all’idea che, a lungo termine, possedere delle azioni dia risultati positivi, quando le obbligazioni di Stato, che sono pure garantite dal governo USA, generano da più di vent’anni dei rendimenti superiori in maniera continuativa? Le signore e i signori preferiscono i titoli di Stato. E chi non li preferirebbe? Poche settimane fa ho trasmesso al nostro staff una nota su Exxon Mobil, nella quale facevo notare che anche il titolo Exxon Mobil era entrato nella lista delle azioni che stanno toccando il livello più basso delle precedenti 52 settimane, scendendo addirittura sotto i picchi negativi dell’autunno 2008. Exxon Mobil pagava (e paga ancora) un dividendo che supera il rendimento delle obbligazioni del Tesoro a 10 anni, presenta un P/E molto inferiore a quello del mercato e un rendimento sul capitale superiore a quello del mercato. Ha registrato una crescita del dividendo del 9% annuo negli ultimi cinque anni consecutivi e utilizza il suo prodigioso flusso di cassa operativo per ridurre il flottante a un ritmo di 300-400.000 azioni l’anno. Se questo ritmo fosse mantenuto per i prossimi 15 anni, le azioni Exxon sparirebbero dal mercato. Ciononostante, il titolo è basso come mai negli ultimi cinque anni. L’ultima volta in cui ha registrato questi livelli è stato nel 2005, quando il petrolio non superava i 50 dollari al barile. Il calcolo è presto fatto: se si sommano il dividendo, il tasso di crescita e la riduzione del flottante, il rendimento annuo diventa interessante e continuerebbe a esserlo anche qualora la valutazione restasse la stessa – ed è una delle valutazioni più basse di questo colosso in diversi anni. La liquidità rende zero, le obbligazioni del Tesoro a 5 anni ora offrono dei rendimenti tra i più bassi della loro storia; quelle a 10 anni rendono il 2,93% ed è un rendimento che non è destinato a crescere. Anche così, tutti vogliono soltanto obbligazioni del Tesoro e certamente non azioni Exxon Mobil o titoli azionari di altre società USA ad alta capitalizzazione con caratteristiche similari. Exxon Mobil è la più grande società del mercato azionario statunitense, ma ciò non sembra destare un grande interesse. Eppure, i numeri non mentono, quale che sia il sentimento nel breve termine. Nei mercati dei capitali è quasi tautologico che i migliori investimenti siano quelli che presentano le prospettive per i rendimenti peggiori, che registrano le aspettative più basse, una domanda scarsa e prospettive incerte, a essere generosi.

L’articolo completo lo puoi trovare su Soldi,
in edicola in questi giorni

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!