Risparmio gestito – Obbligazioni troppo care

Anche in agosto i dati macroeconomici americani hanno deluso le aspettative, in particolare nei settori cruciali del lavoro e delle case mentre l’Europa, pur con le solite disomogeneità, conferma la ritrovata forza trainante della locomotiva tedesca. Gli Stati Uniti non riescono a creare posti di lavoro, la cui distruzione è però stata inferiore alle attese nei mesi estivi, la qual cosa assieme a qualche altro segno di vitalità economica (retail sales) ha innescato una fase di mercato più fiducioso. Il tono negativo prevalso per tutto agosto ha dunque lasciato il posto ad un buon recupero degli indici azionari, quasi tutti tornati ai livelli di fine luglio. Riteniamo il tenore del rallentamento globale in atto di tipo fisiologico più che patologico e riteniamo ancora marginale il rischio di una ricaduta nella recessione o deflazione (double dip). Detto ciò la prognosi di questa complicata congiuntura non può essere definitivamente sciolta, poiché pochi sono in grado di dire se la domanda interna delle economie industrializzate raggiungerà un tenore di crescita sostenibile, ovvero senza continui interventi di policy. 

 Una delle poche cose chiare, convalidata dalla Fed, è che in caso di ricaduta sarà principalmente la politica monetaria (quella di bilancio solo in Cina e qualche EM) a farsi carico di nuove misure di stimolo. Purtroppo la fiducia degli investitori si è dimostrata ancora una volta vulnerabile, probabilmente a causa delle cicatrici ancora dolenti del 2008-2009. Prova ne sia la disaffezione che appare di natura sempre più strutturale verso le attività rischiose, azioni in primis, rivelata dall’andamento delle sottoscrizioni di Fondi di investimento internazionali. Questo stesso aspetto, tuttavia, ci fa ritenere che non vi sia sovrappeso sistemico di azioni nei portafogli soprattutto privati, mentre semmai vi siano un po’ troppe obbligazioni. Anche se nel commento che segue argomentiamo che non si possa parlare di una ‘bolla dei bonds’, giungiamo alla conclusione che, dopo la pronunciata discesa di agosto, difficilmente i tassi di interesse possano scendere ancora globalmente.  

Tutto ciò ci porta a suggerire per la prima volta da quasi quattro anni una riduzione significativa della durata finanziaria. Infine si è riconfermata la sorpresa positiva di fine luglio in merito alla regolamentazione del mercato e degli intermediari piuttosto gradita dal settore finanziario in quanto meno ‘punitiva’ di quanto temuto. Per Basilea 3 che deve essere approvata dal G20 di Seul in novembre impostazione e implementazione saranno blandi, con avvio nel 2013 per entrare a regime solo nel 2019. La decisione di Deutsche Bank di rivolgersi al mercato per un ingente aumento di capitale è un esempio di come il settore possa comunque restare sotto pressione.  I pesi azionario e obbligazionario sono a benchmark ma l’asset allocation cambia in due aspetti non marginali: dimezziamo la durata finanziaria delle obbligazioni attraverso la vendita di quelle a scadenza più lunga; teniamo/aumentiamo le azioni globali che, con previsioni di profitti sostanzialmente invariate, a fine agosto hanno registrato i premi al rischio più elevati dal marzo 2009. In particolare ci piacciono dividend yields generosi. Confermiamo la neutralità sui titoli indicizzati all’inflazione (circa 20% del reddito fisso) e di Corporate IG; resta il sovrappeso sul Debito (o monetario) dei Paesi Emergenti in valuta locale e degli US High Yields. 

 Per approfondimenti: www.pictetfunds.it

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