Tutto in tre anni

Fondata nel 1993 dalle Banche Cantonali, Swisscanto ha fatto il suo debutto ufficiale in Italia con la nomina a settembre di Andrea Ferrante in qualità di responsabile per il mercato italiano.  L’obiettivo «posizionarsi tra i player di livello medio». Ferrante non si sbilancia sui numeri, ma sembra chiara l’intenzione di Swisscanto di competere con realtà con un patrimonio netto gestito di almeno 500 milioni di euro. E il tutto entro il 2013.

Con la sua nomina Swisscanto ha fatto il suo ingresso ufficiale in Italia. Ma chi è Swisscanto oggi?
In Italia il marchio non è ancora molto noto ma in Svizzera Swisscanto è la 4° società nell’asset management, il 2° gestore degli investimenti delle fondazioni e uno dei principali player nelle soluzioni di previdenza complementare.
E soprattutto stiamo parlando di una realtà solida e indipendente grazie a un azionariato diffuso: tutte le 24 banche cantonali sono nostre azioniste. In termini di asset Swisscanto conta su un patrimonio superiore ai 45 miliardi di euro. In Italia saremmo terzi dopo Eurizon e Pioneer.

Ma perché debuttare adesso nel Bel Paese?
In Italia stiamo assitendo ormai da tempo a un trend di cresctia dei player esteri a svantaggio di quelli italiani. La produzione sotto la bandiera tricolore sta svanendo e questo crea interessanti margini di crescita per le realtà come la nostra. Poi ritengo che sia ancora forte il fascino della Svizzera “finanziaria”. Questi due fattori ci fanno credere che ci sia spazio per posizionarci tra le principali società estere attive in Italia.

Qual è la vostra strategia per ottenere un tale risultato?
Prevediamo un piano di sviluppo triennale che ha preso il via a settembre di quest’anno con la mia nomina. Abbiamo già avviato la registrazione delle classi istituzionali dei fondi lussemburghesi presso la Banca d’Italia ed entro la primavera del 2011 apriremo un ufficio di rappresentanza a Milano. Al momento mi supportano dalla sede di Zurigo, ma nel corso dell’anno prossimo vogliamo costituire un team dedicato al mercato italiano.

A quali target vi rivolgerete in Italia?
Il nostro primo obiettivo, in termini di target, è la clientela istituzionale e wholesale. Solo in un secondo momento guarderemo al pubblico retail.

E per conquistare gli istituzionali come pensate di muovervi?
Abbiamo già individuato alcuni fondi che a nostro avviso possono essere appetibili per il target istituzionale e wholesale.
Inizialmente ci focalizzeremo sulla nostra offerta obbligazionaria e su alcuni dei nostri fondi equity. Non vogliamo essere tuttologi.

Ma il mercato retail quando rientrerà nei vostri progetti?

Quello del mercato retail è un progetto che si concretizzerà maggiormente nel 2012. Entro quell’anno vorremmo siglare delle partnership strategiche con istituti bancari e reti di promotori. Ma vorremmo solo partner adeguati alle nostre caratteristiche. Non ci interessa siglare numerosi accordi, ma solo partnership mirate.

Quali sono i vostri obiettivi in termini numerici?
Il mercato italiano del risparmio gestito è in discesa da tanto tempo. Noi vorremo posizionarci tra le realtà medie estere presenti nell’industria dei fondi italiani, sfruttare al meglio questo trend di crescita dei player esteri.

Come accennava all’inizio, in Italia, il vostro marchio non è ancora molto noto. Questo può essere un problema?
La situazione è molto cambiata rispetto a qualche anno fa. La clientela istituzionale dopo il 2008 ha vissuto una rivoluzione copernicana. Fino ad allora i brand erano importantissimi, avevano un appeal incredibile, erano delle certezze.
Poi, dopo Lehman Brothers, i numeri hanno preso il sopravvento. Oggi la matematica non è un’opinione e i numeri sono quelli che contano. Questo ha spinto molti player ad offrire strumenti in grado di ridurre il rischio e la volatilità, e finalizzati principalmente alla conservazione del patrimonio.
Noi questi elementi li abbiamo sempre considerati fondamentali, anche prima della crisi.

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