Risparmio gestito – Riemergono gli emergenti

Quando “riemergeranno” i mercati emergenti? I mercati azionari emergenti hanno sottoperformato i
mercati sviluppati di oltre il 10% da ottobre dell’anno scorso, azzerando tutti i guadagni registrati da inizio 2010. Questo è un risultato che lascia il segno alla fine di un decennio in cui la sovraperformance dei mercati emergenti sembrava esser diventata ormai la regola.

Detto questo, la cattiva performance dei mercati azionari dei Paesi emergenti rispetto a quelli dei paesi più industrializzati potrebbe essere solo un fenomeno temporaneo. Ci sono infatti buone possibilità che nella seconda metà dell’anno ci sia una nuova inversione di tendenza. I seguenti fattori hanno contribuito alla recente sottoperformance dei mercati emergenti:

-    Andamento della crescita dei profitti: negli
ultimi mesi, la crescita nelle economie dei Paesi
occidentali è andata molto meglio del previsto. Quasi
tutti i dati hanno sorpreso positivamente e, in alcuni
Paesi, gli indici dei direttori d’acquisto (Purchasing
Managers Index) hanno mostrato i migliori risultati di
sempre

-    Inflazione: i timori di inflazione hanno
riguardato più i mercati emergenti degli altri paesi. Ciò
è stato causato dalla combinazione di forte crescita dei
salari a livello locale e aumento dei prezzi delle
commodity agricole; queste ultime tendono ad avere un
impatto maggiore sull’inflazione dei mercati emergenti
piuttosto che su quella dei mercati sviluppati.

-    Tassi di interesse. Mentre le banche centrali
di molti paesi emergenti hanno alzato i tassi di
interesse per combattere l’inflazione, questi non sono
mutati nel mondo occidentale.
– Offerta di azioni: mentre nei Paesi emergenti
si sono avute nuove emissioni di azioni, le società nei
mercati sviluppati si sono focalizzate sul riacquisto di
azioni proprie, sull’aumento dei dividendi e su
operazioni di finanza straordinaria (fusioni e
acquisizioni).

-    Disordini in Medio Oriente: Questo fenomeno
non solo ha comportato un ulteriore aumento nei prezzi
del petrolio ma ha anche riportato l’attenzione degli
investitori sulla questione dei rischi politici, che in
genere sono più forti nei mercati emergenti.

Gli ultimi due punti potrebbero continuare a impattare negativamente i mercati emergenti. Gli sviluppi in Medio Oriente alimenteranno il dibattito sul rischio politico nei paesi in via di sviluppo ancora per un po’, dato che la diffusione di internet ha reso i governi nondemocratici più vulnerabili all’opinione pubblica nazionale. Per quanto riguarda i primi tre punti, invece, le cose dovrebbero lentamente cambiare nel corso dell’anno. Prima di tutto la crescita economica e gli utili in America e in Europa (specialmente in Germania) non possono continuare a viaggiare agli stessi ritmi: questo è quasi matematicamente impossibile visti gli alti livelli che sono stati raggiunti. In secondo luogo, le pressioni inflazionistiche nei mercati emergenti potrebbero attenuarsi nei prossimi mesi se i raccolti agricoli nel terzo trimestre non saranno fortemente danneggiati da eventi atmosferici catastrofici, come è accaduto l’anno scorso. La stabilizzazione dei prezzi dei prodotti alimentari e gli effetti positivi derivanti dalle misure di politica monetaria restrittiva adottate dalle banche centrali e dai governi dell’area, dovrebbero ridurre le preoccupazioni per l’inflazione. In terzo luogo, nella seconda metà di quest’anno le banche centrali nei mercati emergenti dovrebbero cessare di aumentare i tassi di interesse. Al contrario, è probabile che in quel preciso momento saranno le banche centrali occidentali a doverli alzare, iniziando dalla BCE e dalla Bank of England. La Federal Reserve americana può mantenere i tassi vicini allo zero per tutto il 2011, ma la probabile interruzione delle misure di “quantitative easing” nel corso dell’anno potrebbero creare un contesto meno stimolante per il Paese. Quest’ultimo fattore, in particolare, potrebbe consentire ai mercati emergenti di ricominciare, tra qualche mese, a sovraperformare i mercati sviluppati: questo perché gli investitori di solito preferiscono comprare azioni in quei Paesi in cui il ciclo di rialzi dei tassi di interesse è ormai passato.

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