Risparmio gestito – Anima è Prima a diventare grande

Nonostante un regime fiscale che fino ad oggi ha penalizzato i fondi di diritto italiano rispetto a quelli di diritto estero distribuiti in Italia (ma la nuova norma, approvata nel decreto cosidetto “milleproroghe”, recentemente convertito in legge, ha equiparato il regime fiscale di entrambe le classi di strumenti), la presa dei gruppi italiani sul patrimonio gestito complessivamente dal settore del risparmio gestito è ancora forte: 345.377 milioni di euro, pari al 76,1% del totale, contro i 108.552 milioni (23,9%) facente capo agli intermediari esteri, un dato percentualmente stabile rispetto a fine gennaio ma in calo di oltre 4 punti percentuali rispetto a un anno prima e di 6,5 punti percentuali rispetto a 24 mesi prima. Come dire che anche senza immaginarsi possibili (e per molti probabili) cessioni di Sgr italiane a gruppi esteri, di questo passo entro al massimo i prossimi 25 anni il peso tra operatori tricolori ed esteri operanti sul mercato italiano, in termini di patrimoni gestiti, si equivarrà.

Le cose potrebbero rapidamente cambiare nel caso in cui il processo di aggregazione dei principali gestori italiani attorno a dei “poli” in grado di trasformarsi in “campioni nazionali”, fortemente voluto per ragioni “politiche” oltre che industriali da una parte del mercato, non dovesse portare i risultati sperati. Le prime a muoversi in questa direzione sono state come noto Bpm e Montepaschi, che hanno unito le rispettive Sgr, Anima e Prima, dando vita assieme a Clessidra Sgr ad AM Holding, che coi suoi 30.366 milioni di patrimonio sotto gestione a fine febbraio risultava il terzo maggior gruppo del settore con una quota pari al 6,69% del mercato, alle spalle di Pioneer investments (gruppo UniCredit), 64.986 milioni di euro (14,32% del mercato) e della coppia Eurizon Capital – Banca Fideuram (gruppo Intesa Sanpaolo), nel complesso accreditate di 114.292 milioni di euro sotto gestione (il 25,18% del mercato italiano). Numeri importanti su scala nazionale, ma ancora modesti se confrontati con le masse gestite da intermediari internazionali come Amundi (gestore controllato al 75% da Credit Agricole e al 25% da Societe Generale) che già a fine dicembre scorso registrava 689.500 milioni di patrimonio gestito (e che in Italia a fine febbraio gestiva 10.838 milioni di euro, il 2,39% del mercato, risultando così la decima maggiore Sgr), o come Jp Morgan Asset Management , 786 miliardi di dollari di asset under management complessivi (al cambio attuale circa 562 miliardi di euro di masse gestite), di cui a fine febbraio 10,811 miliardi di euro erano rappresentati dai patrimoni gestiti in Italia (il 2,38% di quota di mercato), o ancora Allianz Global Investors (1.164 miliardi di euro di masse gestite, di cui 5,891 in Italia, l’1,3% del mercato). Insomma, se volessero (e sempre che ottenessero il necessario benestare “politico”), i grandi gruppi mondiali del settore potrebbero rilevare senza problemi il controllo dei principali intermediari italiani e se non lo hanno ancora fatto, probabilmente, è perché la crisi del biennio 2008- 2009 sta ancora facendo scontare i suoi effetti sui bilanci di tutti i principali gruppi finanziari mondiali, che dunque prima di spendere, tanto più in vista dell’entrata in vigore dei nuovi parametri di Basilea III, vogliono essere certi di aver rafforzato sufficientemente i propri coefficienti patrimoniali e non sono disponibili a pagare valutazioni troppo elevate. Ma proprio la necessità di rafforzare il capitale e di ridurre per quanto possibile gli asset “a rischio” potrebbe indurre qualche banca italiana a cedere alla tentazione, con esiti molto diversi a seconda di chi si muoverà per primo e dei tempi e dei modi in cui verranno gestite le operazioni.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!

Tag: