L’espressione “Vittoria di Pirro” si usa quando si vince una battaglia ma non la guerra. In questo caso la battaglia, così come definito dalla BCE, è mantenere la stabilità dei prezzi al 2% o al di sotto di questo target. Questa battaglia – come dichiarato con soddisfazione dal presidente della BCE Jean-Claude Trichet in una recente conferenza stampa – è stata vinta in modo esemplare con un livello di inflazione medio su base annuale dell’1.97% nei Paesi area EMU nei primi dodici anni dell’euro. Tuttavia, qual è il costo del raggiungimento di questo target?
Il costo per i Paesi area EMU è in termini di economie divergenti. I tassi di interesse divergenti nel breve termine stanno contribuendo a un’ulteriore divergenza delle economie, con alcuni sistemi bancari nazionali già ricorsi al sostegno per sopravvivere.
È sempre più probabile che le economie dell’area EMU continueranno almeno nel breve termine a essere disomogenee, senza convergere verso quel modello auspicato dai fautori dell’unione monetaria. Di conseguenza, ci aspettiamo che questa divergenza porti le politiche nazionali dei vari Paesi membri in direzioni opposte. I Paesi più ricchi in politica si sposteranno probabilmente a destra, mentre quelli con meno risorse si sposteranno a sinistra. Ci si potrebbe ragionevolmente aspettare che in un simile contesto il sentimento nazionalista potrebbe crescere rapidamente. Tutti questi fattori porterebbero l’esperimento dell’euro agli estremi, e i Paesi mebri con politiche ed economie divergenti potrebbero arrivare a minacciare la sua stessa sopravvivenza.
Per questi motivi mi chiedo, la BCE ha vinto la battaglia, ma forse non rischia di perdere la guerra?