Risparmio gestito – Il regno è unito

Il Regno Unito è in buona salute

I recenti dati mostrano che l’economia britannica è abbastanza florida poiché il boom delle esportazioni ha compensato l’impatto dei pesanti tagli della spesa pubblica. Se da un lato è quasi scontato che i tagli rallenteranno il ritmo della ripresa, d’altro lato la forza dell’attività del settore privato dovrebbe essere più che sufficiente per evitare che l’economia ricaschi nella recessione.

Se si guarda al mercato del lavoro britannico, è stata data molta attenzione ai 100.0001 posti di lavoro che il governo ha tagliato nell’ultimo anno nel tentativo di far rientrare un deficit pubblico da record. Si è invece data molta meno enfasi al fatto che, nello stesso periodo, il settore privato ha creato quattro volte quel numero di posti di lavoro.

La produzione industriale ha registrato una significativa ripresa mentre il settore dei servizi ha continua a crescere stabilmente. Questi dati sono particolarmente incoraggianti e sono motivati dall’aumento nelle esportazioni.

I consumi rimangono abbastanza deboli, poiché gli stipendi non sono stati al passo con l’inflazione. Tuttavia, è poco probabile che la ripresa si interrompa, perché ci aspettiamo che la pressione sui bilanci famigliari si alleggerirà con il calo dell’inflazione. In futuro, sarà necessaria un maggiore rilancio dei consumi affinché la ripresa possa essere mantenuta, ma per ora, le altre aree dell’economia sembrano in grado di compensare. 

L’Europa è la grande incognita

La Germania sembra essere in buona salute e potrebbe facilmente crescere del 3% nel 2011, favorita da una forte domanda dei beni capitali del Paese, insieme all’aumento dei consumi domestici. Tuttavia, anche se le economie degli altri Paesi del Nord Europa sembrano essere in buona salute, la gran parte del resto del continente rimane in difficoltà.

Incapaci di svalutare le loro valute, molti membri dell’Eurozona hanno dovuto intraprendere severe misure di austerità fiscale al fine di pareggiare i loro bilanci. Questo, però, potrebbe portare a una rapida contrazione dei dati economici. Al momento non si può escludere un default, né una ristrutturazione del debito ma nemmeno il parziale smembramento dell’unione monetaria. Questo potrebbe causare una seconda ondata della crisi finanziaria perché le banche sarebbero costrette a una nuova ondata di svalutazioni sulle loro quote nel debito di questi Paesi. Ma al momento questo non sembra essere lo scenario più probabile.

Gli Stati Uniti stanno tornando ad un trend di crescita

Molti indicatori mostrano che l’economia statunitense continua la ripresa, migliorando le previsioni per il 2011.

Con 478.0002 nuovi posti di lavoro nei primi 3 mesi dell’anno, riteniamo che la crescita dell’economia statunitense stia rapidamente tornando al tasso di crescita del 2,75% e rimarrà su questi livelli per i prossimi due anni, sostenuta da redditi in aumento e dalla fiducia dei consumatori. La politica fiscale dovrà presto essere inasprita ma mosse decisive sono poco probabili nei prossimi due anni. Alla luce di questo, non è da escludere del tutto l’eventualità di una ricaduta degli Stati Uniti nella recessione.

I timori d’inflazione per le economie dell’Asia Pacifico

Per quanto riguarda l’Asia, l’impatto complessivo dello tsunami giapponese è, al momento, ancora difficile da quantificare. L’impatto sulla produzione e sulla domanda si farà sentire nel breve termine. Tuttavia, ci aspettiamo che la ripresa sarà più rapida del solito. Tuttavia, dato il susseguirsi di situazioni difficili, c’è ancora molta incertezza sull’esito finale.

Anche se gli eventi in Giappone potrebbero rallentare la crescita in tutta l’Asia, la principali preoccupazione per l’economia della regione rimane l’inflazione. In Asia e nelle economie emergenti i prezzi hanno subito un brusco aumento a causa degli sforzi intrapresi da questi Paesi per mantenere la competitività. Questi Paesi infatti hanno importato in modo improprio la politica monetaria espansiva dagli Stati Uniti quando, invece, molti di essi avrebbero dovuto aumentare i tassi in modo aggressivo. Di conseguenza si potrebbe verificare una forte crescita delle valutazioni degli asset e dei prezzi delle materie prime. Questo potrebbe inoltre determinare un aumento dell’inflazione in occidente e porre alle banche centrali una questione – ovvero la necessità di aumentare i tassi per limitare l’inflazione anche se la domanda è insufficiente per supportare una crescita occupazionale ragionevole.

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