Ecco perché gli investitori sono davvero preoccupati da Basilea III

I Ceo delle banche tendono a esprimersi in maniera sempre più critica nei confronti di autorità che impongono requisiti patrimoniali più elevati. Di recente, il numero uno di JP Morgan, Jamie Dimon, ha chiesto pubblicamente al presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, se l’impatto delle nuove misure fosse stato pianificato e se non ritenesse che l’effetto cumulativo sarebbe consistito in un freno ai prestiti bancari e quindi alla ripresa. La risposta alla prima domanda, naturalmente, era negativa: un punto a favore di Dimon. Alla seconda Bernanke non ha replicato, ma forse ha pensato fra sé che se si affronta ora la questione dei requisiti patrimoniali è proprio perché la richiesta di credito è debole; la domanda, quindi, era posta in modo sbagliato. Se le conseguenze della nuova regolamentazione siano state opportunamente valutate è un serio motivo di preoccupazione per gli investitori.

Più capitale azionario!
“Più capitale azionario”: sembra questa la risposta del regolatore a problemi sempre più numerosi. Troppo grandi per fallire? Più capitale azionario. Impossibile trovare un accordo su una questione complessa come una risoluzione transfrontaliera? Più capitale azionario. Troppi asset con modeste ponderazioni di rischio? Più capitale azionario. Il ricorso al capitale azionario come strumento di protezione implica una mancanza di fiducia nei nuovi macroprudenziali strumenti di supervisione e risoluzione di cui le autorità si sono dotate. Alcuni regolatori sostengono invece che il capitale azionario supplementare sarà più conveniente, preferendo ignorare il fatto che nella storia recente il capitale delle banche ha raggiunto il costo più basso quando l’indebitamento era più elevato. Nel frattempo, mentre molti istituti di credito cercano di far ricadere l’onere del capitale supplementare sui clienti senza rischiare di perderli, le quotazioni dei titoli evidenziano spesso un sostanziale sconto rispetto al valore nominale. Per gli investitori obbligazionari è chiaro che il rendimento cala rapidamente per ogni unità di capitale azionario in più. Che la banca abbia un rapporto di dotazione di capitale di primo livello del 9% o dell’11% fa poca differenza per il costo di finanziamento. Il tipo di asset e il mix di finanziamento sono fattori ben più importanti una volta appurato che la probabilità di insolvenza nel normale svolgimento dell’attività è sufficientemente bassa. Le nuove misure hanno infinite ripercussioni sugli investimenti in obbligazioni bancarie a ogni livello della struttura del capitale.

Nuove norme in materia di debito e liquidità

L’impatto più evidente è legato ai regimi di risoluzione bancari. È prevista l’introduzione di specifiche clausole di bail-in per il debito senior non garantito; anche in caso contrario, comunque, le autorità dispongono di altri strumenti di risoluzione che hanno l’effetto di subordinare i titolari di obbligazioni senior non garantite. Tale subordinazione comporterà automaticamente un ampliamento degli spread sul debito senior non garantito. Inoltre, è chiaro che gli strumenti di risoluzione si applicano più facilmente alle banche più piccole e meno complesse, e saranno più probabilmente utilizzati nel caso di tali istituti. Le nuove regole sulla liquidità avranno inoltre un impatto più sottile sui titolari di obbligazioni senior non garantite. Le norme sul finanziamento, che prevedono un premio per i depositi come fonte di finanziamento stabile, finiranno per scatenare una guerra per i depositi in cui le grandi banche godranno di un vantaggio naturale. Al tempo stesso, i regolatori invitano le banche che aprono conti di deposito a emettere covered bond, favoriti rispetto ai finanziamenti interbancari non garantiti e ammessi nel quadro delle nuove norme sulla liquidità. Questo, nonostante il palese conflitto fra titolari di obbligazioni garantite e di conti di deposito ai quali è di fatto riconosciuto lo status di creditori privilegiati. Tale misura ha l’effetto di subordinare ulteriormente i creditori senior non garantiti.

Le banche più piccole sotto pressione.
In seguito alla nuova regolamentazione, le banche di piccole e medie dimensioni si vedono ridurre l’accesso ai mercati senior non garantiti. Gli istituti di credito sono quindi incentivati a fare ancora maggior ricorso ai finanziamenti garantiti, come le operazioni pronti contro termine, subordinando così ulteriormente i titolari di obbligazioni non garantite. Un caso estremo è quello della Danimarca, dove le banche minori sono costrette a scegliere fra la fusione e il fallimento. In molti Paesi, il risultato sarà un’ulteriore concentrazione del sistema bancario. Purtroppo, non è chiaro se si tratti di una conseguenza calcolata o involontaria dell’attività di regolamentazione.

Cocos: ancora un miraggio
Quanto al livello inferiore della struttura del capitale, i regolatori confermano l’impegno a eliminare gradualmente gran parte delle tipologie ibride di Tier 1 pre-crisi e, nonostante il gran chiasso, i cocos (obbligazioni convertibili in azioni se il capitale di vigilanza scende a livelli di allarme) restano di fatto un miraggio. La recente decisione del Comitato di Basilea di non approvarne l’utilizzo per far fronte ai requisiti addizionali di capitale delle grandi banche sistemiche ha inferto un grave colpo a un mercato in erba e, se la Commissione Europea introdurrà Basilea III con il criterio della massima armonizzazione, come pare probabile, il ricorso a tali strumenti sarà estremamente limitato. L’attenzione sarà quindi rivolta a strumenti in fase di sviluppo conformi ai criteri Alternative Tier 1 previsti da Basilea III, ma che possono piacere anche agli investitori obbligazionari: un’impossibile quadratura del cerchio, al momento; eppure, siamo convinti che con il tempo le banche troveranno un modo per correggere il fabbisogno di capitale azionario con uno strumento a reddito fisso. Nel frattempo, il capitale Tier 1 ben strutturato delle grandi banche nazionali offre opportunità di rendimento fra le migliori sul mercato obbligazionario corporate.

Un approccio ben definito
Il nostro approccio all’investimento nelle obbligazioni bancarie europee non cambia. Continuiamo a concentrarci su un ristretto numero di emittenti, preferendo i cosiddetti campioni nazionali alle banche di medio livello, che evitiamo assolutamente se presentano un sostanziale fabbisogno di finanziamento all’ingrosso. Laddove individuiamo la giusta struttura, privilegiamo gli strumenti Tier 1 rispetto al debito senior, mentre troviamo convenienti determinati titoli Tier 2 di giurisdizioni in cui sono già in vigore i regimi di risoluzione.

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