Carmignac Gestion, nuove strategie per il secondo trimestre

Carmignac Gestion, tra i maggiori operatori europei nel settore della gestione di attivi finanziari, annuncia le prospettive economiche e la strategia di investimento della società per il terzo trimestre 2011

PROSPETTIVE ECONOMICHE:

I paesi sviluppati si trovano di fronte ad un rischio di «giapponesizzazione»
Messi di fronte al problema di un indebitamento eccessivo, i paesi sviluppati corrono il rischio di vedere la loro crescita durevolmente indebolita dalle pressioni recessive derivanti dalla persistente riduzione dell’effetto leva, come è avvenuto per la crescita dell’economia giapponese dopo che la sua crisi del credito è scoppiata all’inizio degli anni ’90. Le politiche di austerità messe in atto o anche soltanto raccomandate lasciano sempre più incombere il rischio di una «giapponesizzazione» delle economie avanzate. Di fronte a un contesto deflazionista durevole, il ritorno a bilanci virtuosi è in effetti problematico. Provvedimenti restrittivi prematuri possono comportare effetti recessivi sulla crescita, che a loro volta rendono molto difficile il riassorbimento del deficit dei conti pubblici.

 L’indecisione delle autorità europee aggrava la crisi e innesca un effetto contagio

In Europa, dove il rischio di una spirale deflazionista è particolarmente elevato per vari Stati membri, l’FMI e i paesi più virtuosi della zona impongono a paesi privi di crescita questa virtù di bilancio suicida mentre la BCE, nel contempo, aggrava lo stress con i suoi rialzi del tasso guida. Eppure l’esempio del Giappone dovrebbe essere una dimostrazione istruttiva dell’assurdità di tale politica. I paesi più deboli, non potendo procedere ad una svalutazione della loro moneta, non hanno altra scelta che la ristrutturazione del debito – organizzata nel modo migliore possibile – sostenuta da misure forti volte a migliorare la loro competitività economica. I ripetuti attacchi da parte dei mercati sottolineano ciò che è già evidente, ma, col passare dei giorni, la resistenza dogmatica della BCE rende il futuro adeguamento più difficile e costoso per i paesi periferici, oltre a creare un grave effetto di contagio per la Spagna, l’Italia e in futuro, forse, per la Francia.

 Il rinvio dell’inevitabile ristrutturazione del debito greco pesa sul credito degli Stati europei

Le prospettive di evoluzione dei tassi in Europa rischiano ancora una volta di smarcarsi da quelle degli Stati Uniti. In effetti, il rallentamento della congiuntura oltre Atlantico produce i suoi effetti sulle nostre economie con un ritardo che di solito è pari a 3-6 mesi, e che riduce pertanto la potenziale ripresa dei tassi lunghi. Per quanto riguarda il segmento a breve della curva dei tassi, il crescente indebolimento dei paesi “periferici” europei sostiene una politica monetaria meno intransigente da parte della Banca Centrale Europea, riducendo, a nostro giudizio, la probabilità di un nuovo rialzo del tasso guida entro la fine dell’anno. In compenso, il rinvio disastroso dell’inevitabile ristrutturazione del debito greco graverà sui mutui dei paesi europei nel loro complesso. Il dovere di assistenza nei confronti di una lista sempre più lunga di paesi deboli, necessario alla salvaguardia dell’euro, appesantirà il bilancio degli emittenti sovrani con rating AAA.

Il rallentamento della crescita economica negli Stati Uniti sarà più lungo di quanto previsto dai mercati
Negli Stati Uniti, il rallentamento iniziato durante il secondo trimestre viene ancora percepito come una pausa di metà ciclo, provocata da una legittima riduzione degli stock in questa fase e da fattori esogeni temporanei. Pur considerando verosimile il miglioramento dei dati macroeconomici per i prossimi mesi come conseguenza del ribasso delle quotazioni del petrolio e degli effetti positivi esercitati sulla produzione dal ripristino della catena produttiva giapponese, riteniamo tuttavia che il rimbalzo sarà di breve durata, per almeno tre motivi: il primo è che gli indicatori avanzati della crescita statunitense si sono indeboliti troppo negli ultimi mesi per poter segnalare solo una lieve ed effimera modifica del ciclo. Il secondo è che talune variabili che concorrono all’attuale crescita hanno dato il massimo contributo possibile. Pertanto, è difficile pensare che le vendite al dettaglio possano continuare a crescere ad un ritmo annuo del 7,5%. Il terzo, e più importante, motivo del nostro scetticismo riguarda il persistere degli effetti deflazionisti derivanti dalla riduzione dell’effetto leva nell’economia che inducono le imprese ad assumere rischi minimi, la cui manifestazione più evidente è la perdurante debolezza del mercato del lavoro statunitense che, a sua volta, contribuisce a ridurre il potenziale di domanda interna ed a prolungare il marasma immobiliare.

 Ancora una volta, sarà l’universo emergente a controbilanciare i problemi dell’universo sviluppato
Pur riconoscendo di essere stati troppo ottimisti nel trimestre trascorso in merito alla tabella di marcia del calo dell’inflazione, siamo convinti della fine imminente della stretta monetaria in Cina, dove il picco dell’inflazione dovrebbe essere raggiunto nei prossimi due mesi. La suddetta fine della stretta monetaria rappresenterà per la crescita mondiale un massiccio contrappeso alla prevedibile debolezza delle economie avanzate. Prevediamo per questo paese una crescita vigorosa, che permetterà di affrontare l’indebitamento delle provincie allo stesso modo in cui aveva permesso di risolvere, qualche anno fa, il problema dei crediti dubbi delle banche. Se sarà in grado di riorientare la propria crescita sui suoi consumi interni, l’universo emergente potrebbe perfino trarre beneficio da una crescita persistentemente lenta delle economie avanzate, la cui ridotta domanda di materie prime contribuirà a frenare le pressioni inflazioniste. Pertanto, i paesi emergenti, che non devono far fronte a problemi reali di debito pubblico, continuano ad avere un potenziale di crescita molto elevato e, per alcuni di essi, l’inflazione sta per stabilizzarsi o anzi diminuire. Le valorizzazioni ci sembrano quindi particolarmente interessanti, con un rapporto prezzo/utili nel 2012 pari a 13x in India e a 9x per i titoli azionari cinesi quotati a Hong Kong. Preferiamo questi mercati a quelli della Corea e di Taiwan, le cui economie sono più dipendenti dalle esportazioni verso i paesi sviluppati.

STRATEGIE D’INVESTIMENTO

I – Titoli azionari internazionali
Manteniamo una forte esposizione verso i paesi emergenti
Nelle economie avanzate, strette nella morsa della crisi europea da un lato e della riduzione dell’effetto leva dall’altro, il potenziale di crescita è diminuito mentre i rischi sono aumentati. Tale constatazione ci induce a mantenere un’esposizione consistente ai mercati emergenti a fronte della capacità di alcuni di loro di compensare la debolezza delle economie mature. Inoltre, l’esposizione alle valute diverse dall’euro permetterà ai Fondi globali di trarre vantaggio dal loro apprezzamento rispetto a una moneta europea sopravvalutata e indebolita da forti incertezze. Carmignac Investissement inizia dunque il trimestre con una liquidità aumentata a 6,2% e un’esposizione al dollaro e alle valute emergenti del 56%. Il tema del miglioramento del tenore di vita nei paesi emergenti è stato rafforzato ed è passato dal 34,1% al 38,6% del portafoglio di Carmignac Investissement, a riprova della nostra maggior fiducia nell’esito favorevole della loro lotta all’inflazione.

La ponderazione dei titoli energetici in portafoglio resta stabile, mentre abbiamo ridimensionato le posizioni in metalli diversi
Il tema dell’energia continua a rappresentare il 15,5% del portafoglio di Carmignac Investissement; l’incremento delle posizioni in promettenti società di esplorazione/produzione (HRT Participacoes, Tullow Oil e Woodside Petroleum) è stato finanziato con il ridimensionamento dell’esposizione in società di servizi petroliferi (Transocean, National Oilwell, Schlumberger). Abbiamo ridotto, invece, l’esposizione ai metalli diversi, passata dal 9,3% al 4,9% del portafoglio. A nostro avviso, questo settore è particolarmente sensibile al rallentamento economico e alla riduzione della liquidità. Per questo abbiamo completamente liquidato le posizioni in Freeport McMoran, Xstrata e Antofagasta.

 Manteniamo l’esposizione al settore aurifero
L’esposizione alle miniere d’oro è rimasta del tutto stabile, all’11,2% del patrimonio del Fondo. L’aggravarsi della crisi in Europa e lo slittamento dei conti pubblici statunitensi sono fattori di indebolimento delle valute e degli emittenti pubblici che dovrebbero tradursi in un costante rialzo delle quotazioni aurifere. Del resto, considerata la quotazione del metallo giallo, i titoli minerari sono stati raramente così sottovalutati. Questa posizione strategica nella struttura difensiva del portafoglio dovrebbe ampiamente contribuire alla performance, relativa e assoluta, nei prossimi trimestri.

Il tema dell’innovazione è stato ridimensionato, a vantaggio di un rafforzamento dei titoli difensivi
La tematica dell’innovazione, anch’essa sensibile all’attività globale, è stata ridotta (passando dal 15,1% all’11,6% del patrimonio di Carmignac Investissement), a spese del settore IT, nel quale i nostri due titoli chiave, Apple e Oracle, hanno registrato un ottimo andamento. Il settore dei titoli difensivi è così stato naturalmente riponderato (passando dal 4,9% al 12,4%), principalmente con il rafforzamento delle posizioni in Nestlé, Mead Johnson, società statunitense del settore nutrizione con una forte presenza in Cina, e Vertex Pharmaceutical, società di biotecnologia, pioniera nella lotta all’epatite C.

II – Fonti di performance nel settore obbligazionario

Leggermente ridotti gli investimenti in obbligazioni societarie
La nostra allocazione in obbligazioni societarie è appena variata, passando dal 34% al 32% del patrimonio di Carmignac Patrimoine. Questa categoria di attivi continua ad essere sostenuta da fondamentali delle imprese sempre ben orientati, anche se probabilmente resisterebbero solo temporaneamente ad uno shock macroeconomico. Con un tasso di inflazione attorno al 3% sia in Europa che negli Stati Uniti, e tassi monetari rispettivamente dell’1,5% e dello 0,25%, le obbligazioni societarie rappresentano ancora un investimento interessante, con rendimenti del 7,3% (segmento High yield) e del 4% (segmento Investment grade).

L’esposizione ai titoli di Stato dei paesi sviluppati è rimasta stabile, con una gestione attiva della duration modificata
L’esposizione ai titoli di Stato dei paesi sviluppati si è mantenuta stabile al 3,65% del patrimonio di Carmignac Patrimoine. Durante il trimestre trascorso, la duration modificata del Fondo è stata oggetto di una gestione tattica, con una variazione fra 0,5 e 6. L’indecisione dell’Europa nel riconoscere l’insolvenza della Grecia crea un grave contesto di contagio che rafforza le pressioni deflazioniste nei paesi indeboliti da un elevato indebitamento. Di conseguenza, il maggiore spread richiesto dallo Stato francese rispetto alla Germania si attesta al massimo, ossia a 63 punti base. Da 18 mesi ormai, il portafoglio non detiene più titoli sovrani europei, al di fuori dei Bund.

Abbiamo effettuato prese di profitto sui titoli di Stato dei paesi emergenti
Il segmento dei titoli di Stato dei paesi emergenti è stato ridotto dall’8,2% al 4,3% del patrimonio di Carmignac Patrimoine (di cui il 3,3% è investito in titoli di debito denominati in valuta locale). Nonostante i timori di un rallentamento dell’economia statunitense e di un peggioramento della situazione di bilancio dei paesi periferici europei, il debito di vari paesi emergenti (Brasile, Colombia, Filippine ed Ungheria) ha beneficiato del rialzo del loro rating, che ci ha permesso d’incamerare notevoli profitti sulle nostre posizioni in Brasile, Colombia, Messico e Indonesia nonché di ridurre l’esposizione all’Ungheria. Prevediamo comunque di riacquistare titoli di debito in valuta locale di taluni paesi emergenti per trarre vantaggio dal ciclo di contrazione dei tassi lunghi che dovrebbe avviarsi.

La liquidità è stata rafforzata
L’allocazione negli strumenti liquidi è stata portata dal 13% al 17%, con parte della liquidità convertita in Treasury statunitensi.

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