Di Maria Giovanna Gallo
Prendi un insieme di Paesi, traccia una tabella e dai a ciascuno un voto basandoti soltanto sulla qualità dell’industria dei fondi. Lo ha fatto Morningstar, assegnando all’Italia una C piena. Quattro i criteri del giudizio: la regolamentazione e la tassazione, la trasparenza, le commissioni e le spese, le politiche di vendita e l’attenzione dei media. Al nostro Paese Mornigstar dà una bella B in quanto a regolamentazione e tassazione. Motivo: ci sono tasse da pagare, d’accordo, ma nel complesso il fardello che pesa sulle società è moderato.
Alla voce trasparenza, l’Italia si becca una C come mediocre. Spiegazione: il grado di “disclosure” riflette il contenuto dei prospetti, che contengono poca informazione sui rischi specifici e una descrizione troppo generale sulla strategia di investimento. Ma la vera tirata d’orecchi arriva al capitolo “commissioni e spese”: in Italia i ratio di spesa sono “oltre il normale” e ci fanno piazzare dietro Paesi come la Spagna, Hong Kong, il Regno Unito e Taiwan. Quindi, il voto è D+, ovvero insufficiente. Va meglio, invece, sul fronte “vendite e comunicazione”, dove siamo nella media. Anche se manca quella varietà di canali che offrirebbe agli investitori più opzioni.