Financière de l’Echiquier, un inizio 2012 carico di dubbi

Mentre gli amici cinesi sotterrano il Coniglio bianco e celebrano l’anno del Drago nero, la vecchia Europa chiude i conti del 2011 e guarda preoccupata al 2012. Il 2011 è stato un anno complesso, sinonimo borsistico comodo per indicare un anno ribassista … Un anno che costringe all’umiltà, incute addirittura timore: è capitato  raramente agli strategist di dover iniziare un anno con simile carico di dubbi.  Se, nel primo semestre, le borse europee e in particolare la nostra gestione si erano fatte strada tra la Primavera araba e il terremoto giapponese, lo sfaldamento dei mercati europei del debito ha poi seriamente intaccato le nostre performance durante la seconda parte dell’anno. Incentivo a essere prudenti o, invece, occasione per riaffermare le nostre convinzioni? 

Per rispondere a questa domanda bisogna soffermarsi sull’andamento della macroeconomia negli ultimi mesi e, ovviamente, ascoltare il  “messaggio” delle aziende. Per sintetizzare le nostre convinzioni in un paragrafo possiamo dire che: gli Stati Uniti non stanno poi così male, gli emergenti continueranno ad emergere e l’Europa con una sua moneta imperfetta (dalla quale non si può però prescindere), supererà le sue difficoltà. Avrà bisogno di essere aiutata, ma dopo un tergiversare che si è protratto per lunghi mesi, la Banca Centrale Europea dimostra finalmente pragmatismo: gli acquisti diretti di debito sovrano e il rifinanziamento a tre anni proposto alle banche stanno a indicare che le mentalità cambiano. Dopo l’irrigidimento tedesco dei mesi di settembre e ottobre, il pragmatismo anglosassone messo in atto da un italiano è più che mai in agenda! Non facciamoci tuttavia cogliere da eccessivi e facili entusiasmi perché il salvataggio dell’Europa ha un costo: l’appesantimento fiscale, l’indebolimento delle banche meno inclini ad erogare credito  …  continuano a soffiare venti contrari.

Cogliere le opportunità “mondiali”

Le prime conclusioni da parte nostra sono improntate alla prudenza: rimanere alla larga dalle aziende i cui bilanci sono sotto pressione e preferire le imprese che realizzano buona parte del loro fatturato al di fuori dell’Europa. Formulare questa constatazione non significa “nascondersi”: se i titoli ciclici troppo europei vanno guardati con oculatezza, quelli cosiddetti “mondiali” offrono splendide opportunità. Da CONTINENTAL a SEB passando per ZODIAC, i mercati europei brulicano di campioni mondiali i cui tassi di crescita sono spesso superiori al 5%… Il listino europeo non va abbandonato. E il termine  “listino” va inteso in senso ampio: oltre alle azioni, anche le obbligazioni corporate sembrano offrire ottimi punti di ingresso. Se gli Stati rasentano  il sovraindebitamento, le aziende invece godono di ottima salute. Da due anni lavorano attivamente per migliorare i loro bilanci come si evince da un indebitamento su margine operativo lordo  passato in media da 2,4 a 1,2. Oltre al ciclo “mondiale”, le obbligazioni corporate sono una seconda direttrice per gli investimenti in Europa. Prestare denaro a 5 anni a WENDEL o a CONTINENTAL attorno al 6%, rappresenta un rischio ragionevole ma molto ben remunerato. 

Capire modelli diversi

Nel 2012, infine, viaggeremo ancor più che nel 2011. Echiquier Global compie quasi due anni di vita e ha saputo dimostrare che investire nei leader mondiali è fonte di sovraperformance. Le costose peripezie europee non ci devono far perdere di vista le tendenze di lungo periodo create dalla crescita duratura che caratterizza i paesi emergenti. Grazie a Internet in Cina con BAIDU, all’arricchimento delle  classi medie desiderose di adottare un modello di consumo occidentale con il lusso, allo svilupparsi dei mezzi di pagamento con VISA o EBAY (proprietaria di PAYPAL), le opportunità di investimento nei “supercicli” non mancano. A spronarci, i ratio storicamente molto depressi del  MSCI World … Viaggeremo, come sempre del resto, per andare ad incontrare le aziende, con una novità: andremo più lontano e talvolta più piano. Più lontano perché quando ci si reca in Brasile si inquadrano meglio campioni locali come VALE (minerale di ferro), e si capisce meglio il declino europeo dell’industria cartaria. Andremo più piano perché la lettura di un bilancio non basta per investire in Cina. L’interventismo statale modifica le classiche leggi del capitalismo e deve essere integrato nelle nostre scelte. Ci vuole del tempo per riuscire a capire le dinamiche che si dispiegano in quei territori.  Guardare lontano concedendoci il tempo per poterlo fare: questo il nostro modo di contrastare  “il qui” ansiogeno dell’Europa. In termini più concreti, continuiamo a credere che i nostri capitali debbano essere affidati a coloro che sanno allocarli in zone ad alto potenziale e in settori in crescita. L’avversione al rischio di mercato, la contrazione dei multipli, il buono stato di salute delle aziende sono tutti parametri che contribuiscono oggi alla creazione di un contesto favorevole per l’investimento borsistico.

 

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